È il 1963 quando viene decisa la sede dell’edizione dei mondiali del 1966: sarà l’Inghilterra, la terra di chi ha inventato il calcio, il paese organizzatore. Artefice del ritorno a casa della manifestazione fu Sir Stanley Rous, all’epoca presidente della Fifa. Quell’Inghilterra che fino al 1950 era volutamente rimasta nell’isolamento calcistico, dopo quattro edizioni deludenti del mondiale, si giocava così in casa la grande occasione.
L’Inghilterra, dove nel 1872 si era disputata la prima competizione calcistica ufficiale, la leggendaria FA CUP vinta in quella pionieristica edizione dai Wanderers, nell’estate del 1966 diventa così la casa del mondiale. Ed è subito un’edizione che suscita polemiche: si qualificano in 16, ma solo una tra Africa, Asia e Oceania e questo porta al boicottaggio in blocco dei paesi africani. Da questi tre continenti si qualifica la Corea del Nord, destinata ad entrare nella storia del calcio italiano. Tra le altre nessuna nobile esclusa. E mentre i Beatles con Michelle e Yellow Submarine spopolano nelle classifiche musicali l’11 luglio 1966 a Wembley inizia così il mondiale con uno scialbo 0-0 tra Inghilterra e Uruguay. Entrambe alla fine del girone passeranno agevolmente il turno ai danni di Francia e Messico.
Il girone 2 vede il passaggio senza particolari problemi di Argentina e Germania ai danni di Spagna e Svizzera. Chi paga invece il calcio rissoso di quel mondiale è il Brasile bicampione del mondo. Dopo la vittoria con la Bulgaria e la prima entrata violenta su Pelè, il Brasile senza il suo fuoriclasse viene sconfitto dall’Ungheria e si gioca tutto nell’ultima partita contro il Portogallo, nel primo derby di lingua portoghese della storia mondiale. E anche in quest’occasione Pelè è messo fuori uso: il Portogallo vince 3-1 e il Brasile viene eliminato. Nel Portogallo intanto sta nascendo la stella di Eusebio Da Silva Ferreira, la Perla Nera del Mozambico, il più forte calciatore portoghese di tutti i tempi.
Il gruppo 4 è quello che vede i nostri azzurri che all’esordio sconfiggono il Cile e ottengono la rivincita della Battaglia di Santiago. La seconda giornata l’URSS con un super Cislenko ha la meglio sugli azzurri, ma basta un pareggio con la Corea Del Nord per arrivare ai quarti. Tutti sanno come va a finire: Corea del Nord 1- Italia 0, la più grande vergogna del calcio italiano.
I quarti di finale vedono l’URSS avere la meglio sull’Ungheria, mentre il Portogallo dopo mezz’ora di gioco è sotto 3-0 con la Corea del Nord ormai diventata la squadra più tifata del torneo. Ci pensa Eusebio con una storica quaterna a timbrare la rimonta e a portare il Portogallo tra le quattro migliori del mondo.
A Wembley l’Argentina controlla senza problemi i bianchi fin quando, dopo 30 minuti, Rattin viene espulso per proteste dal tedesco Kreitlein: in campo succede di tutto e il gioco viene sospeso per dodici minuti. Rattin esce scortato dalla polizia ma non è finita. Nel secondo tempo Hurst segna in netto fuorigioco e l’Inghilterra vola in semifinale. A fine partita Ramsey chiede ai suoi di non fare il consueto scambio maglia perché gli Argentini sono “animals”. Inizia quel giorno una delle rivalità più forti e sentite del calcio mondiale e l’Albiceleste si vendicherà del “robo del siglo” di Wembley vent’anni dopo, a Città del Messico grazie alla mano de Dios.
A Sheffield il trattamento anti-sudamericano lo riceve l’Uruguay con l’arbitro inglese Finney: una parata di Schnellinger non viene vista e due membri della celeste vengono espulsi in quello che viene definito un arbitraggio a senso unico: finisce 4-0 e la Germania è tra le prime 4 al mondo, diventerà una consuetudine.
L’Inghilterra supera il Portogallo con una doppietta di uno strepitoso Bobby Charlton mentre Nobby Styles limita la classe di Eusebio che esce dal campo in lacrime: la perla nera del Mozambico non è riuscito a portare quel mondiale in terra lusitana, ma ha regalato al suo popolo emozioni indimenticabili che nessun portoghese scorderà. Anche la Germania con Haller e Beckenbauer supera l’URSS e così dopo tante polemiche e tante storie la finale è quella più attesa, Inghilterra-Germania.
I centomila di Wembley e il loro “England, England” accolgono le due finaliste. Per la finale si suonano gli inni nazionali, suonati finora solo nell’incontro inaugurale (motivo: evitare che l’inno della comunista Corea del Nord venga suonato sotto il cielo d’Inghilterra).
In un sostanziale equilibrio si arriva a un quarto d’ora dalla fine quando Peeters regala quel gol che può portare la coppa dove il calcio è nato. Ma ci pensa Weber a pochi secondi dalla fine a rimandare il verdetto ai supplementari.
Dopo dieci minuti Alan Ball serve Hurst che a botta sicura batte Tillkowski: traversa e palla che rimbalza sulla linea.
Sarà poi Ancora Hurst a chiudere la contesa: l’Inghilterra è campione del mondo, primo e unico trofeo nella storia di coloro che questo meraviglioso sport l’hanno inventato. Era gol quello di Hurst? I mille replay mostrati negli anni successivi sembrano dire di no ma il popolo d’Albione quella notte si riversa nelle strade per festeggiare una gioia immensa.
La Corea del Nord è una nazione che non esiste, non riconosciuta: la guerra civile ha lasciato segni drammatici nella crescita di un paese ai confini del mondo. Si qualificano superando allo spareggio l’Australia: 6-1 in casa, 3-1 fuori (anche se entrambe le partite si giocano a Phnom Phen). L’organizzazione si rifiuta di suonare l’inno in quanto paese comunista e la squadra viene relegata nelle città più lontane da Londra. Ma nessuno considera realmente la Corea. Il popolo del Nord intanto adotta i coreani e negli spalti il tifo per gli asiatici è assoluto. Dopo la sconfitta con l’URSS e il pareggio all’ultimo minuto con il Cile, A Middlesbrough si gioca Italia-Corea del Nord.
Il CT Fabbri definisce i coreani “ridolini”: rideranno pure, ma corrono, corrono tanto (una leggenda racconta che poiché sconosciuti al mondo e simili tra loro durante gli intervalli la squadra venga completamente cambiata: leggende mondiali). Su ogni pallone piombano in 4-5 e l’Italia va in confusione. Nei primi 40 minuti, davanti a un pubblico inglese schierato tutto dalla parte dei coreani, l’Italia ha tante occasioni da gol, ma quel giorno il portiere Lee Chang Myun si trasforma in Yascin e para tutto. Si infortuna Bulgarelli e il cielo grigio di Middlesbrough si incupisce sempre più.
L’Italia in 10 non reagisce, anche perché gli altri corrono, corrono e corrono. Per il mondo calcistico è scalpore, per la Corea del Nord è trionfo assoluto che verrà raccontato in un film (la partita della vita), per L’Italia è vergogna nazionale e pomodori marci all’arrivo in aeroporto.
Il miracolo coreano invece continua: dopo mezz’ora i quarti di finale vedono questo punteggio, Portogallo 0 – Corea del Nord 3. Sarà Eusebio a riportare alla realtà questa misteriosa squadra venuta dai confini dal mondo.
È avvolto nel mistero il ritorno in patria della squadra: la leggenda racconta che alcuni vengano mandati in campi di rieducazione per aver festeggiato troppo in stile occidentale e imperialista la vittoria con l’Italia, si racconta che Pak Seung Kim finisce in un campo a cibarsi di larve e insetti. Racconti poi smentiti durante le riprese del film che racconta le gesta di questa squadra: alcuni giocatori nel 2003 durante le riprese tornarono a Middlesbrough. Non c’è più Awesome Park, ma i reduci di quell’impresa fanno un giro del campo davanti ai trentamila cha quel giorno assistono a Middlesbrough-Leeds e per dieci minuti si torna al 1966, quando questi sconosciuti venuti da lontano fecero innamorare questo angolo del Nord dell’Inghilterra
Con il 1966 si chiude il cerchio: il mondiale torna a casa, torna dove 77 anni prima i Wanderers hanno vinto la prima FA CUP. I sudditi della Regina all’appuntamento casalingo non falliscono,