Nel 1974 la Germania ospita la decima edizione dei mondiali: è una Germania ancora scossa dagli eventi terroristici avvenuti durante i giochi olimpici di Monaco del 1972 quando un commando palestinese irrompe nel villaggio Olimpico uccidendo due israeliani e prendendone altri in ostaggio.
Sarà quindi il mondiale dei tanti controlli: la sicurezza dei tifosi e di tutti gli appassionati del mondo viene messa al primo posto. È un mondiale che profuma subito d’Italia: sarà infatti Silvio Cazzaniga a disegnare e a scolpire la nuova Coppa del Mondo con il volto della Vittoria e le mani levate al cielo a sostenere il globo.
Tra le partecipanti si segnalano tre esordi: Australia, Haiti e Zaire. Tornano dopo parecchie edizioni Olanda e Polonia ed entrambe lasceranno un segno forte. E l’Italia? Dopo il bel mondiale messicano e un’eliminazione ai quarti agli Europei 1972, le vittorie con Brasile ed Inghilterra in casa ma soprattutto la storica vittoria a Wembley portano gli azzurri a partecipare alla spedizione tedesca con un ruolo tra i favoriti: con loro il Brasile, orfano di Pelè che nel 1971 tra le lacrime ha salutato la nazionale e la Germania Ovest padrona di casa.
Passano il turno senza particolari problemi Brasile, Jugoslavia, Svezia, Olanda e nel gruppo uno Germania Ovest e Germania Est. Il derby tra Germania Ovest e Germania Est è forse l’evento più atteso di questa prima fase per gli ovvi connotati storici e politici: ad Amburgo la Germania Est con Sparwasser sconfigge i cugini più quotati e forse apre la strada a un girone successivo più facile per la Germania Ovest.
Il mondiale tedesco presenta una novità del regolamento che porta ad un aumento del numero di partite, voluto anche dagli Sponsor che per la prima volta campeggiano nelle magliette. La seconda fase è composta da due gironi e le due vincitrici si contenderanno il titolo nella finalissima.
Le prime due giornate del primo raggruppamento vedono le vittorie di Germania e Polonia su Svezia e Jugoslavia. Sarà quindi l’ultima giornata a decretare la finalista. La Germania viene dall’oro europeo del 1972 e il blocco è quello nato durante i mondiali messicani con Sepp Maier in porta e tra gli altri Vogts, Beckenbauer, Breitner, Overath, Grabowski e Gerd Muller; la Polonia è invece campione olimpica in carica e nelle qualificazioni ha eliminato l’Inghilterra facendo piangere Wembley. È la Polonia più forte della sua storia quella che ha in mano Gorski: in porta Tomaszewski, al centro della difesa Zmuda e gli attaccanti Szarmach e Grzegorz Lato (che sarà capocannoniere del mondiale) sono i fiori all’occhiello di una squadra che fa sognare Varsavia. La partita con la Germania Ovest è bella e intensa: la Polonia deve vincere e attacca, ma alla fine vincono i tedeschi con gol di Gerd Muller.
Nel secondo raggruppamento invece le due squadre dominanti sono Olanda e Brasile ed anche qui l’ultima giornata è decisiva. L’Olanda viene da un 4-0 con l’Argentina e un 2-0 con la Germania Est. Il calcio totale olandese sta conquistando il mondo ed anche il Brasile deve cedere: il 2-0 siglato Neeskens e Crujff regala all’Olanda la prima finale della sua storia. È un’Olanda meravigliosamente bella quella che sfida la Germania per la conquista dell’alloro mondiale: è l’emblema di quel calcio totale in cui tutti attaccano e tutti difendono.
In Europa Feyenoord e Ajax stanno dominando la Coppa Campioni da 4 anni e la conquista del titolo mondiale sarebbe la degna conclusione di un quadriennio d’oro. Ruud Krol, Johan Neeskeens, Johnny Rep, Rob Rensembrink e sua maestà Johan Crujff sono i nomi legati al mito di questa nazionale orange.
Ma torniamo a Monaco di Baviera a quel 7 luglio 1974. L’inizio è da fantascienza: i tedeschi non la toccano mai per quasi un minuto, Crujff entra in aerea, Hoeness lo abbatte. Rigore e 1-0. Quando i tedeschi toccano il primo pallone, sono già sotto. Un inizio che ricorda un’altra finale, quella di Berna, quella della grande Ungheria ed anche allora c’era la Germania.
E i tedeschi non mollano: e mentre l’Olanda fa melina convinta della propria superiorità, al minuto 25 il rigore viene dato alla Germania e il maoista Breitner non sbaglia, 1-1. La partita cambia, la Germania ci crede e Gerd Muller fa 2-1. Nel secondo tempo l’Olanda le prova tutte, ma non trova il gol.
E per l’Olanda rimane l’idea della grande incompiuta: l’occasione si ripeterà 4 anni dopo, a Buenos Aires, sempre in finale, sempre con i padroni di casa. E anche lì saranno lacrime orange.
Può una punizione salvare una o più vite? Forse si e questa storia ce lo racconta. Il 22 Giugno a Gelsenkirchen si gioca Brasile – Zaire, partita che ha poco da dire alla classifica ma che forse ha tanto da dire alla storia. Sul punteggio di 3-0 al minuto 85 c’è una punizione dal limite per il Brasile e Rivelino da lì può far gol ( ha segnato un gol simile pochi minuti prima).
Il pensiero di tutti è semplice: questi africani neanche conoscono le regole. Ma non è proprio così. In quegli anni in Zaire c’è la dittatura di Mobutu Sese Seko che utilizza la squadra per la propaganda al suo potere. Quell’anno i Leopardi hanno vinto la coppa d’Africa e c’è grande entusiasmo attorno alla squadra. Mobutu li riempie d’oro e di celebrazioni. Nello stesso anno si sta organizzando a Kinshasa il match forse più famoso della storia della boxe tra Foreman e Ali (ma questa è un’altra pagina di sport). L’esordio al mondiale è con la Scozia: finisce 2-0 per i britannici. Tocca poi al match con la Jugoslavia e poco prima i giocatori vengono informati che non verranno pagati al rientro a casa: questo non viene accettato dai giocatori si sentono traditi e vanno in campo svogliati: il finale è Jugoslavia-Zaire 9-0.
Ed ecco la storia drammatica. Mobutu manda le guardie presidenziali nell’albergo del ritiro con un messaggio chiaro: se perdete più di 3-0 con il Brasile non tornate a casa. Con Mobutu e con le dittature non si scherza.
E quando Rivelino ha la punizione che potrebbe portare i suoi sul 4-0, Mwepu capisce che in un mondiale si può lasciare il segno anche in altro modo e calcia il pallone lontano, il più lontano possibile. E mentre il pallone si allontana, forse per quella squadra e per quei ragazzi la vita si avvicina.
Una bellezza estetica forse irripetibile ma che purtroppo non regala il sogno mondiale al popolo orange. Il mondiale saluta l’Europa e inizia il suo viaggio verso l’Argentina, una terra di contrasti e segreti, ma uno di quei paesi dove il calcio è religione