Tour De France 1992, tredicesima tappa, uno di quei giorni che ci raccontano perché il ciclismo è uno sport epico, leggendario e capace di scrivere pagine meravigliose.
In maglia gialla c’è il francese Pascal Lino, ma l’uomo da battere è il solito Miguel Indurain che grazie alle cronometro ha un bel vantaggio sui rivali. Ma quella giornata sarà ricordata per un’impresa memorabile, l’impresa di Claudio Chiappucci forse una delle più belle e romantiche imprese della storia del ciclismo. È la tappa dei cinque colli: il Col De Saisies, il Cormet de Roselend, il maestoso Iseran, il Moncenisio e infine il Sestriere.
Quando la Rai con l’indimenticabile Adriano De Zan si collega, il Diablo è già in fuga.
È un caldo sabato pomeriggio, in Italia e nelle Alpi francesi, e tanti televisori sono sintonizzati con il Tour de France. E Chiappucci sulle rampe dell’Iseran è giá solo, davanti a tutti, solo con quella maglia a pois simbolo del miglior scalatore. Il vantaggio aumenta e Chiappucci è maglia gialla virtuale: la scalata all’Iseran tra la folla che ama Chiappucci è uno spettacolo.
Con la salita del Moncenisio il vantaggio inizia a diminuire: nello sguardo di Chiappucci si inizia a percepire la fatica di una fuga che ormai dura da quasi 200 km.
Infine, come nelle storie più belle, la drammatica salita del Sestriere. Gli inseguitori con Indurain, Bugno, Vona e Hampsten si avvicinano e il vantaggio del Diablo scende a 45 secondi. Sembra finita, sembra che Indurain, che sale con un passo sicuro e deciso, possa andare a prendere Chiappucci rovinando così un poema che sembra scritto dagli dei del ciclismo.
Gli ultimi due km sono tra due ali di folla impazzita, una folla che si apre al passaggio di quell’uomo nato a Uboldo, nel Varesotto, che quel giorno sta realizzando qualcosa di unico.
E al traguardo le braccia al cielo del Sestriere sono tutte per lui. Chiappucci ha le lacrime, Adriano De Zan è commosso. Indurain arriva con 1.45 di ritardo e conquista la maglia gialla.
di cui 126 in solitudine, una fuga contro ogni logica umana e sportiva, una fuga che vuole sfidare le montagne, una fuga che vuole scrivere una pagina di sport e una pagina di vita.
Ed è bello che questa impresa l’abbia realizzata Claudio Chiappucci, un ciclista eccezionale, spettacolare e imprevedibile, un ciclista dal grande cuore.
E siamo certi nel dire che senza tutti quei chilometri a cronometro, ma con Giri d’Italia e Tour de France simili a quelli degli anni duemila, Chiappucci avrebbe vinto e vinto tanto.
Ma quel giorno, in quel sabato pomeriggio che ha tenuto tutti incollati davanti alla tv, quella ‘fuga da leggenda‘ come titolava la Gazzetta il giorno dopo, è tutta di Claudio Chiappucci, eroe meraviglioso al Sestriere e autore di una delle imprese più romantiche della storia del ciclismo.
Ph di copertina: corrieredellumbria.corr.it