Il 1988 è una data storica per il calcio: a Zurigo viene scelta la sede dei mondiali 1994 e per la prima volta si esce dall’alternanza Europa-Sudamerica. Il calcio affronta una nuova frontiera ed entra negli Stati Uniti tra le polemiche soprattutto di africani e brasiliani (Marocco e Brasile erano le altre candidature). Il calcio negli Usa si chiama Soccer e non è parte della tradizione a stelle e strisce: qui regnano il football, il basket, il baseball. Ci si attende un flop e invece Usa 94 sarà il mondiale degli stadi pieni e della forte partecipazione popolare. Gli Usa scoprono il calcio e se ne innamorano.
È un mondiale dominato da un caldo e da un’umidità record con partite giocate a mezzogiorno per esigenze televisive: il calcio fa un altro passo verso una globalizzazione sempre più evidente. È un mondiale dalle tante storie, belle come quelle di Bulgaria e Arabia Saudita, drammatiche per quella Colombia che affronta il mondiale da favorita.
Le qualificazioni fanno le loro vittime illustri. La Francia vive una doppia tragedia sportiva al Parco dei Principi: ai transalpini basta un punto nelle due partite casalinghe con Israele e Bulgaria. Francia-Israele finisce 2-3 con gol di Atar al minuto 90, Francia-Bulgaria finisce 1-2 con gol di Kostadinov al minuto 93. Passa la Bulgaria, la Francia è fuori. Rimane a casa anche l’Inghilterra eliminata da Norvegia e Olanda. Solo allo spareggio si qualifica l’Argentina dopo aver subito uno storico 0-5 casalingo dalla Colombia. Fa il suo
L’Italia dopo il mondiale di casa, ha fallito la qualificazione a Euro 92 e in quel palo di Rizzitelli a Mosca si è chiusa anche l’avventura di Azeglio Vicini. È Arrigo Sacchi il nuovo condottiero azzurro, colui che ha reso immortale il primo Milan di Berlusconi. In un San Siro esaurito gli azzurri battono il Portogallo 1-0 con gol di Dino Baggio e volano negli States.
Il mondo dello sport in quei mesi del 1994 è sotto shock: il Primo Maggio, alla curva del Tamburello, è morto Ayrton Senna, uno degli sportivi più importanti e influenti del ventesimo secolo.
Il 17 Giugno, al Soldier Field di Chicago ha inizio così il mondiale americano e finalmente la squadra campione in carica vince l’incontro inaugurale: Germania-Bolivia finisce 1-0 in un girone in cui Germania e Spagna vanno al secondo turno senza alcun problema. L’Italia fa il suo esordio a New York contro l’Irlanda, in un derby tra emigrati: negli spalti vincono gli irlandesi, in campo anche, 1-0 Irlanda e critiche all’Italia di Sacchi. Il secondo incontro è con la Norvegia, partita da dentro o fuori e dopo venti minuti l’Italia è in dieci: sembra la fine ma invece esce il cuore e la forza dell’Italia che segna di testa con il solito Dino Baggio. Alla fine del girone tutte le squadre hanno 4 punti, l’Italia passa come terza. Passano senza problemi Brasile e Svezia nel gruppo B, negli altri gironi invece le storie si moltiplicano.
Nel gruppo A c’è la Colombia (ne parleremo poi), una squadra fantastica che all’esordio perde però con la Romania del fenomenale Gheorghe Hagi, il Maradona dei Carpazi ; la seconda giornata i Cafeteros non possono sbagliare contro gli USA che nel primo incontro hanno pareggiato 1-1 nello stadio coperto di Detroit. Escobar fa autogol e gli Usa vincono 2-1. Si qualificano Romania, Svizzera e Usa.
Il girone D vede un Maradona in forma smagliante, il suo gol contro la Grecia e il suo urlo fanno il giro del mondo: Maradona inventa, Batistuta finalizza. Ma il controllo dopo Argentina-Nigeria rivela la positività antidoping per Maradona che chiude così la sua carriera mondiale.
L’Argentina sotto shock perde con la Bulgaria e si qualifica come terza. Il gruppo F qualifica Belgio, Olanda e Arabia Saudita e viene ricordato per un gol meraviglioso di Al Owairan che parte da centrocampo e con un’azione personale meravigliosa, arriva in porta e regala ai suoi la vittoria contro il Belgio.
Nel clima torrido di quest’estate americana in cui le temperature sfiorano i 40 gradi e l’umidità è oltre il 90% si entra nella fase ad eliminazione diretta. All’Italia tocca la Nigeria: si gioca a Boston, alle 12 locali. I nigeriani corrono di più, Amunike, Amokachi e Finidi fanno impazzire la nostra difesa e il primo tempo si chiude 1-0 per la Nigeria. L’arbitro Carter espelle Zola e il motivo non l’abbiamo mai capito: l’avventura è al capolinea, Sacchi anche, ma il cross di Mussi pesca Roberto Baggio, fino a quel momento nullo al mondiale, e il suo destro finisce nell’angolino. Ai supplementari è un’altra Italia, rigore, ancora Baggio e 2-1.
Vincono la Germania con il Belgio, il Brasile con gli Usa e l’Olanda con Irlanda; la Bulgaria elimina Il Messico ai rigori, la Svezia elimina l’Arabia Saudita e la Spagna demolisce la Svizzera. L’ottavo più bello si gioca a Pasadena tra Romania e l’Argentina: due volte Dumitrescu e Hagi regalano un sogno al popolo rumeno, finisce 3-2. È la più bella Romania della storia, la generazione più forte del calcio rumeno.
L’Europa dell’Est scopre in questo mondiale un’altra generazione di fenomeni: è quella della Bulgaria, capitanata da quel genio infinito di Hristo Stoichkov. Una squadra solida ma con tante individualità: oltre a Stoichkov, Emil Kostadinov, Yordan Letchkov, Ljubo Penev e Krassimir Balakov. Ai quarti la grande impresa: 2-1 in rimonta alla Germania per quella che è una delle sorprese più belle del mondiale. All’Italia tocca la Spagna: ancora Dino Baggio, poi Julio Salinas fa 1-1. E poi, all’ultimo minuto, è ancora Roberto Baggio a portare gli azzurri in semifinale. La Svezia elimina la Romania ai rigori mentre il Brasile soffre, ma supera 3-2 una grande Olanda grazie a un bolide di Branco.
A New York va in onda la miglior Italia di Sacchi e il miglior Roberto Baggio della sua storia mondiale: 35 minuti di calcio spettacolo, Italia Bulgaria 2-0 e finale vicina. Si infortuna Baggio e si teme la sua assenza nella finale di Pasadena. Il secondo tempo la Bulgaria segna, ma L’Italia tiene il 2-1 ed è finale contro il Brasile che grazie a Romario regola 1-0 la Svezia.
Il 17 luglio alle 12:30 a Pasadena ci sono 40 gradi: chi vince sarà la squadra con più titoli mondiali della storia. Il Brasile di Parreira non è il Brasile spettacolare del 58 o del 70 o del 82 ma è molto solido, quadrato, quasi difensivista: la fantasia si chiama Romário e Bebeto, per il resto Zinho, Maninho, Dunga, Jorginho, Márcio Santos raccontano di una squadra modesta. Quel giorno rientrano Baggio e Baresi, reduci da infortuni, in campo vanno Pagliuca, Mussi, Maldini, Benarrivo, Baresi, Albertini, Donadoni, Dino Baggio, Berti, Roberto Baggio e Massaro. Partita tattica, brutta, equilibratissima. Il caldo è devastante per tutti. L’unico brivido è su una papera di Pagliuca costretto poi a ringraziare e baciare il palo: solo i rigori possono decidere il mondiale statunitense. Sbagliano subito Baresi e Márcio Santos, parità fino al terzo tiro. Poi sbaglia Massaro e sbaglia Roberto Baggio.
Ancora lacrime dagli undici metri, piangono Baggio e Baresi, ma piangono tutti: un altro mondiale se ne va, la maledizione dei rigori continua.
Vince il Brasile, vince la sua quarta coppa del mondo e con la coppa in mano ricorda Ayrton Senna, eroe indimenticato di un popolo.
Una storia maledetta, dal finale drammatico che forse ha poco a che fare con il calcio. E’ la storia di quella grande Colombia e di Andrés Escobar.
Già da fine anni 80 i club colombiani stanno diventando forti e potenti e l’apice è nel 1989 quando il Nacional Medellin sfida il Milan nella coppa intercontinentale dopo aver vinto la Libertadores. È una squadra ricca e con forti contatti con il leader dei Narcos Pablo Escobar. Ci sono Higuita ed Andrés Escobar, giovane promettente del calcio colombiano.
Allenatore della nazionale nel 1990 è Francisco Paco Maturana: a Italia 90 la corsa finisce agli ottavi per colpa del mito Higuita. In quegli anni la squadra si rinforza e a settembre 1993 a Buenos Aires si gioca la qualificazione contro l’Argentina: si gioca in un Monumental che ribolle di entusiasmo e passione per l’Albiceleste e in cui i colombiani vengono fischiati ad ogni palla. Il risultato finale è storia: Argentina-Colombia 0-5. Due volte Rincón, due volte Asprilla e Valencia. La Colombia sogna, l’Argentina è umiliata.
Pochi giorni dopo la squadra viene invitata nella Catedral, La prigione di Escobar per festeggiare questo storico trionfo. Nell’avvicinamento al mondiale succedono alcune cose: il capo dei Narcos viene ucciso, Higuita viene arrestato, il figlio di Herrera rapito, tante storie all’interno di una storia forse troppo grande.
Ma la Colombia vuole andare negli Stati Uniti per vincere: ci sono Óscar Córdoba, Andrés Escobar, Luis Herrera, Wilson Pérez, Lionel Alvarez, Freddy Rincon, Carlos Valderrama, Faustino Asprilla e Adolfo Valencia. Anche il Guerin Sportivo nel suo sondaggio dice che vincerà la Colombia. La realtà non sarà così: nella prima partita i Cafeteros perdono 3-1 con la Romania. Si parla di minacce di morte e intimidazioni, rimane il fatto che contro gli Stati Uniti la Colombia deve vincere.
Non succede, succede invece che Andres Escobar segna, ma nella sua porta e cade sconsolato. Rimane a terra e guarda il cielo. La generazione di fenomeni colombiani è eliminata.
I giocatori tornano a casa e si rinchiudono in casa, terrorizzati dal clima che li circonda. Escobar invece il sabato sera decide di uscire con amici.
Escobar muore così, per un autogol, muore di calcio o forse per molto di più. Finisce la storia di una generazione che forse, in un altro paese, avrebbe potuto scrivere pagine memorabili di calcio
USA 94 va in archivio, il Brasile torna sul tetto del mondo, l’Italia piange ancora per i rigori. Finisce l’ultimo mondiale a 24 squadre, nel 1998 saranno 32 per un mondiale sempre più globale. Inizia un nuovo ciclo mondiale di 4 anni, in cui le vite corrono perché il mondiale, come dice Federico Buffa, racconta anche la nostra vita