Ci sono campionati destinati a entrare nell’immaginario collettivo come piccoli grandi capolavori, come piccole grandi storie che diventano mito. Uno di questi campionati è quello del 1984-1985, una delle sorprese più inattese, irripetibili e magiche della storia del calcio italiano: lo scudetto del Verona.
È il campionato che si apre con l’arrivo in Italia di Diego Armando Maradona che con pochi palleggi fa sognare Napoli (ma questa è un’altra storia). Ma è anche il campionato in cui in Italia ci sono Platini, Rummenigge, Falçao e Zico, campionissimi di fama mondiale.
E la prima giornata presenta la sfida al Bentegodi tra Verona e Napoli: il Verona di Osvaldo Bagnoli si è rinforzato con gli acquisti del tedesco Briegel e del danese Elkjaer e punta a un campionato da protagonista. Finisce 3-1: segnano Briegel, Galderisi e Di Gennaro.
La quinta giornata è forse il primo segnale forte al campionato: in un Bentegodi stracolmo arriva la Juventus campione. Segna Galderisi, raddoppia Elkjær in quello che è uno dei gol simbolo del campionato, senza una scarpa. Il danese diventa per tutti Cavallo Pazzo, e l’Hellas vola. Il girone di andata si chiude con Verona davanti a Inter e Torino.
Udine è un’altra tappa di questo viaggio veronese nella storia del calcio: il Verona va avanti 3-0, l’Udinese pareggia sul 3-3. Ma qui esce la forza e la compattezza di questa Verona: finisce 5-3 con le reti di Elkjaer e Briegel.
Si gela a Verona il 17 Febbraio, il giorno dello scontro diretto con l’Inter e il gol di Altobelli sembra poter avvicinare l’Inter alla vetta, ma ci pensa Briegel a pareggiare ed a tenere l’Inter a distanza. Quella giornata sei giocatori avevano la febbre e Bagnoli impostò una partita di contenimento, non bella, ma che avvicinò Verona al sogno tricolore.
La partita a Torino è l’ennesimo banco di prova per una squadra sempre in testa ma di cui tutti pensano che prima o poi crollerà, ma non sarà così. Finisce pareggio anche a Torino e Verona si cuce mezzo tricolore sul petto. Non è un Verona bello quello di questa fase del campionato, ma è un Verona solido, guidato sapientemente da Bagnoli.
La vittoria sulla Roma per 1-0 con gol di Elkjaer è forse la vittoria decisiva,
Quel giorno, 12 maggio 1985, Bergamo si colora di gialloblù: Perico porta avanti gli orobici, Elkjaer regala il sogno e porta Bagnoli e i suoi nel mito calcistico. Verona fatica a credere che l’indomani si sveglierà campione: piazza Bra si riempie di tifosi, la città impazzisce. Sette giorni dopo si celebra la festa al Bentegodi:
Ma non è un miracolo, la vittoria è il frutto di un’organizzazione vincente e del gioco collaudato e perfetto di Osvaldo Bagnoli.
Tutti in quella squadra sono al posto giusto nel momento giusto: non è un gioco spettacolare, è un gioco “all’italiana”, ma è un gioco efficace quando bisogna contenere, ma che sa essere dominante quando bisogna attaccare. Il Verona quell’anno perde solo due partite (Torino e Avellino), porta a casa otto pareggi senza rete a dimostrare una solidità che rappresenta in tutto la mentalità di Bagnoli.
Claudio Garella in porta; una difesa arcigna con Mauro Ferroni, Luciano Marangon, Silvano Fontolan, implacabili marcatori e Roberto Tricella, uno dei punti di riferimento in campo e fuori della squadra; a centrocampo il tedescone Hans-Peter Briegel uno dei principali artefici del trionfo scaligero, Domenico Volpati, indispensabile nello scacchiere di Bagnoli, turbo Piero Fanna, instancabile sulla fascia e Antonio Di Gennaro, regista imprevedibile; e infine l’attacco con l’uomo del Nord Preben Larsen Elkjaer e il folletto Nanu Galderisi. Ma in una rosa ristretta di soli 17 giocatori, tutti, anche le riserve hanno la loro importanza e sono fondamentali per la costruzione di un capolavoro: e quindi ecco Sergio Spuri, Fabio Marangon, Luciano Bruni, Dario Doná, Luigi Sacchetti, Antonio Terracciano e Franco Turchetta. E poi Osvaldo Bagnoli, milanese di nascita e poi veronese d’adozione: amava il catenaccio ma sapeva anche attaccare, eccezionale motivatore di una squadra fantastica.
Due citazioni forse raccontano il Verona di quell’anno.
“Non ho il rimpianto della grande squadra squadra, il Verona, quel Verona, era la più forte di tutte”.
Preben Larsen Elkjaer
“Quando entravo in campo per primo, con la fascia di capitano e vedevo il manto verde dell’erba con l’adrenalina al massimo e alzavo lo sguardo verso la curva del Verona sentivo emozioni difficili da esternare”
Roberto Tricella
E così, quella magica domenica di maggio 1985, la città dell’amore si addormenta con una forte emozione nel cuore:
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