A volte lo sport sa regalare storie meravigliose e irripetibili…e questa è una di quelle. E’ la storia di un ragazzo australiano di 29 anni che il 16 Febbraio 2002 partecipa alle finali di Short Track alle Olimpiadi di Salt Lake City e
Il suo nome è Steven Bradbury, è nato nel Nuovo Galles del Sud, patria di rugbysti e surfisti, non di pattinatori su ghiaccio. La sua carriera inizia nei primi anni 90: in questi anni Bradbury con la staffetta australiana ottiene un bronzo a squadra nel 1994 alle Olimpiadi di Lillehammer, la prima medaglia australiana della storia delle Olimpiadi Invernali.
Bradbury perde quattro litri di sangue, gli vengono dati 111 punti di sutura e per 18 mesi deve abbandonare le piste. La sua carriera sembra chiudersi qui: partecipa alle Olimpiadi di Nagano del 1998 ma viene eliminato al primo turno.
Decide che le Olimpiadi di Salt Lake City sarebbero stati i suoi ultimi giochi Olimpici e qui avviene la storia meravigliosa e irripetibile.
E’ prima serata nello Utah: la finale maschile dei 1500 metri di short track è una delle più attese dei giochi perchè in pista c’è l’idolo d’America, Apolo Anton Ohno, favoritissimo alla vigilia.
Nei quarti di finale Bradbury è con Apolo Anton Ohno e con Marc Gagnon, campione in carica. Passano i primi due. Operazione semifinale: impossibile. Bradbury arriva terzo, eliminato. Ma non la pensa così la giuria: Marc Gagnon è squalificato e Bradbury passa il turno.
In semifinale gli avversari sono il canadese Matthew Turcotte, il campione sud coreano Kim Dong Sun e il fenomeno cinese Jiajun Li.
E mentre Bradbury è in ultima posizione, i tre davanti si toccano, cadono tutti e Bradbury vince la semifinale.
Ed eccoci alla finale: l’attesa al Salt Lake Ice Center è trepidante. C’è Apolo Anton Ohno pronto a lottare per l’oro, ci sono Ahn Hyun Soo, il fenomeno coreano, Jiajun Li, la leggenda cinese e Matthew Turcotte, canadese, il meglio del meglio dello short track mondiale. E poi c’è lui, l’australiano Steven Bradbury.
La gara è appassionante, 85 secondi di lotta testa a testa tra Ohno, Soo, Li e Turcotte e dietro, staccato di 15 metri, Steven Bradbury. Ma all’ultima curva accade ciò che solo gli Dei di Olimpia potevano immaginare.
e così con una clamorosa e irriverente calma olimpica, arriva lui, biondo ossigenato, sorridente e quasi rilassato
Il telecronista di quella notte è Franco Bragagna che solo dopo qualche secondo si rende conto che quello che è appena successo entrerà per sempre nel mito delle Olimpiadi. Sicuramente un fattore determinante è stata la fortuna, ma ci sembra anche giusto sottolineare la caparbietà e la passione con cui Bradbury dopo un infortunio terribile è tornato su quei pattini e su quel ghiaccio così lontani dalla cultura sportiva australiana.
E lo ricordiamo con la sua frase detta dopo quella magica notte di Salt Lake City:
«Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L’ho vinta dopo un decennio di calvario».
Foto di copertina: https://thenewdaily.com.au/sport/winter-olympics-2018/2018/02/08/steven-bradbury/