Articolo di Mauro Pellizzari
Nella storia dello sport made in USA, quando si parla di allenatori, non si può non nominare Vince Lombardi. È stato probabilmente il miglior allenatore di sempre di football americano, ma oltre a questo, è stato anche un grandissimo motivatore e comunicatore. Sue sono molte delle più belle frasi sullo sport ed una in particolare merita di essere citata:
“It’s not whether you get knocked down, it’s whether you get up”. Che tradotta suona più o meno così: “non importa se ti buttano a terra, ma conta se poi ti rialzi”.
Vince Lombardi
Jury Chechi infatti ha dominato per quasi dieci anni la specialità degli anelli, ma la sua carriera non è stata di certo facile. Anzi, è segnata da tragici infortuni che, ogni volta, l’hanno costretto a ripartire da zero.
Chechi partecipa per la prima volta alle Olimpiadi nel 1988, è però dall’anno successivo che comincia a mostrare le sue abilità. Si aggiudica per due volte consecutive il bronzo ai mondiali e, nel 1992, si presenta alle Olimpiadi di ginnastica artistica di Barcellona come grande favorito.
Purtroppo però, proprio a ridosso della competizione, la rottura del tendine di Achille lo costringe a rinunciare.
Trasforma la rabbia per l’infortunio in desiderio di vincere… eccome se vince!!!
Nei successivi anni domina letteralmente la specialità e fagocita ori mondiali ed europei come se nulla fosse. Ma il suo obiettivo è un altro, lui vuole l’oro olimpico.
Finalmente è il momento di Atlanta 1996, sono passati quattro lunghissimi anni ed ora il suo sogno si può finalmente avverare. La sua prestazione entra di diritto nella storia dei Giochi Olimpici ed il punteggio di 9.887 lo sancisce. Per utilizzare, di nuovo, una frase cara a coach Lombardi: Juri Chechi ha inseguito la perfezione ed ha raggiunto l’eccellenza.
Quasi a voler ribadire la sua supremazia, si regala anche un record: nel 1997 centra il quinto titolo mondiale consecutivo nella stessa specialità.
Ora è quasi un suo diritto essere chiamato il “Signore degli Anelli”.
In seguito alla conquista di questo ennesimo oro, a 28 anni, annuncia il suo ritiro. Salvo poi ripensarci due anni più tardi e decidere di prepararsi per le Olimpiadi di Sydney 2000. Perché, dopotutto, è il campione olimpico in carica e continuare a vincere è stupendo.
Nuovamente però, la fortuna gli volta le spalle, un altro grave infortunio ad un tendine gli priva la gioia di una doppietta olimpica.
Sì perché, per una promessa fatta a suo padre, Jury Chechi torna ad allenarsi in vista di Atene 2004. Nonostante l’obiettivo sembri impossibile, visto che avrà 35 anni, lui è pronto a stupire il mondo.
Ancora una volta ha ragione lui, ancora una volta nulla gli impedisce di raggiungere il suo obiettivo: Jury Chechi ad Atene ci va!!!
E non va di certo ai Giochi per un mesto saluto, ci va prima di tutto come orgoglioso portabandiera della selezione italiana e poi ci va perché sa che ha ancora qualcosa da dare.
Ed è così che il 22 agosto 2004, contro ogni pronostico, sale ancora una volta sul podio e porta a casa una medaglia.
Al termine della gara poi, dall’alto del suo status e consapevole di quanto il destino possa essere beffardo, mentre è ripreso dalle telecamere indica il bulgaro Yovchev, il secondo classificato. Come a sottolineare che andrebbe a lui la medaglia d’oro e non all’atleta di casa premiato con troppa benevolenza dai giudici.
Perché Jury sa quanta fatica si deve fare per raggiungere una vittoria; a volte è il fato, ma altre volte sono dei giudizi “anomali” ad impedirtelo, a farti cadere.
Ph di copertina: italiani.it