Il campionato 1975-1976 inizia con una grande favorita, la Juventus di Carlo Parola. Ma c’è una squadra che lentamente sta tornando alla ribalta nazionale: il Torino che con il presidente Pianelli vuole far tornare il sorriso a tutto il popolo granata che dalla tragica notte di Superga non ha più raggiunto risultati di rilievo. Per continuare la crescita, la guida viene affidata a Gigi Radice, tecnico brianzolo che ha portato il Cesena in serie A.

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Non inizia al meglio la stagione granata: sconfitta all’esordio ed eliminazione in Coppa Italia ma a Torino si continua a lavorare serenamente confidando in una squadra che con gli acquisti di Caporale e Pecci si è rinforzata.
E così la banda granata inizia a correre e al termine del girone d’andata si trova a tre punti di distacco dalla Juve.
La sconfitta con l’Inter alla diciannovesima giornata porta il distacco a cinque punti e i sogni tricolori del popolo granata iniziano a dissolversi. Non la pensano così Pulici, Graziani e Sala e il Torino inizia a vincere. La sconfitta della Juve a Cesena riporta il Toro a -3 alla vigilia del derby della Mole; un derby che il Torino fa suo grazie alle autoreti di Cuccureddu e Damiani e una vittoria per 2-1 che verrà trasformata in 2-0 a tavolino.
Il Toro è a -1 e la giornata successiva la Juve viene sconfitta a Milano dall’Inter mentre il Toro supera il Milan: è sorpasso scudetto.
Torino sogna e forse da lassù tanti cuori iniziano a spingere i granata verso il titolo. Il Torino non perderà più ma il pareggio alla penultima a Verona riporta la Juve a un punto di distacco. L’ultima giornata in 70 mila cuori granata riempiono il vecchio Comunale. E quando al minuto 55 Renato Curi porta in vantaggio il Perugia contro la Juve, il sogno inizia a diventare realtà. Sarà poi Paolo Pulici a portare avanti i granata. Finirà 1-1 e
il Torino, 27 anni dopo Superga, torna campione d’Italia.
Molti tifosi piangono, per la gioia, per l’emozione e forse perché ripensano a quella notte in cui una delle squadre più invincibili della storia ha perso la vita.

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È un gruppo straordinario quello del Torino che unisce giocatori di grandi qualità a gregari generosi e combattenti. Luciano Castellini in porta, una difesa arcigna e potente con Nello Santin, Roberto Salvadori, Roberto Mozzini e Vittorio Caporale, un centrocampo che univa la classe del “poeta del gol” Claudio Sala e di Eraldo Pecci alla sostanza e forza di Patrizio Sala e Franco Zaccarelli
e due attaccanti eccezionali, definiti i gemelli del gol, Paolo Pulici e Francesco Graziani, autori di 36 gol in quella magica annata.
E infine Gigi Radice umile, ma molto sicuro di se, con una gran concezione del lavoro e dell’allenamento e con una gran voglia di raggiungere l’obiettivo.
Un calcio moderno quello del ”condottiero” Radice, ispirato all’Olanda di Cruijff ma con la concretezza del calcio italiano:
un mix perfetto che fece gioire non solo il popolo granata, ma tutti gli amanti di quel calcio romantico che non hanno mai scordato la leggenda del Grande Torino. E Gigi Radice, il “sergente di ferro” sarà sempre uno dei personaggi più belli e veri del calcio italiano.

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E così quel Toro torna campione d’Italia ed è festa per tutto il calcio perché il Torino per tutti è quel grande a Torino e quella tragedia di Superga: è vincere 27 anni dopo porta questo trionfo di Pulici, Graziani e Gigi Radice a una dimensione trascendentale. Il Toro è campione d’Italia