La pagina di sport che racconta la Coppa Davis del 1976 è una storia di tennis ed è la storia dell’unico trionfo azzurro nella manifestazione. Ma è una storia anche di intrecci politici e sociali che racconta l’Italia di quegli anni e racconta la dittatura cilena di Pinochet.
L’Italia nel percorso di qualificazione incontra Polonia e Jugoslavia, entrambe sconfitte 5-0. Pare proibitivo invece l’impegno successivo con la Svezia di Bjorn Borg, fresco vincitore di Wimbledon. Ma Borg dà forfait e l’Italia continua la sua corsa. Il primo successo di prestigio dei giocatori azzurri fu nel turno successivo nel quale nella regale erba di Wimbledon gli azzurri guidati da Panatta e Zugarelli eliminarono gli inglesi.
Fu una battaglia la semifinale con l’Australia: Barazzutti batte Newcombe, Alexander batte Panatta, il doppio è azzurro, ma nel penultimo singolare Alexandre sconfigge Barazzutti.
Ed ecco gli intrecci con la storia che spesso incrocia nel suo percorso lo sport e le sue pagine. In finale l’Italia se la vedrà con il Cile che la sua semifinale con l’Unione Sovietica non l‘ha giocata perché il governo sovietico si è rifiutato di invitare i giocatori cileni nel suo territorio. Per l’Italia sportiva è ancora forte il ricordo del mondiale di calcio del 1962 in cui i nostri vennero picchiati ed eliminati da cileni e arbitro, ma questa è un’altra storia.
In un Italia che vive negli anni di piombo, segnata da uccisioni e massacri, dallo scandalo Lockheed e dal terremoto del Friuli
Il paese vuole evitare che i suoi giocatori vadano in Cile, la sinistra protesta, Andreotti temporeggia e prende tempo, Modugno scrive una canzone contro la partecipazione dell’Italia in finale, la folla per le strade manifesta al grido
“Non si giocano volè con il boia Pinochet”.
Alla fine la decisione passa al Coni con il presidente Onesti e le discussioni con Franco Carraro ed Enrico Berlinguer. Si decide che l’Italia quella finale la deve giocare, quei giocatori devono coronare il loro sogno di diventare campioni.
Il coach è Nicola Pietrangeli, forse il più forte tennista italiano di tutti i tempi.
La finale si gioca vicino allo stadio Nacional de Chile, luogo tristemente famoso per le torture di Pinochet.
Sulla carta non c’è partita: l’Italia è nettamente favorita. Ma ad attenderla c’è una bolgia di seimila persone che grida senza fine ad ogni punto.
Il primo singolare è tra Barazzutti e Fillol, incontro teso e combattuto in cui il cileno parte meglio ma alla lunga esce la forza e la classe di Barazzutti che porta a casa il primo punto. Il secondo singolare è un monologo di Adriano Panatta: Cornejo viene spazzato in tre set e la coppa inizia a tingersi d’azzurro.
Nella notte prima del doppio Panatta avvicina Barazzutti e gli chiede di giocare in rosso per dare un messaggio provocatorio al dittatore cileno:
“Paolo, oggi giochiamo con le magliette rosse”.
Adriano Panatta
Il rosso era il colore che le donne portavano in piazza per protestare contro le sparizioni e le uccisioni dei loro cari. Il doppio è combattuto: il Cile vince il primo set, l’Italia il secondo e il terzo.
Il Cile non vuole mollare e sono tre i match point annullati da Fillol, ma alla fine vince l’Italia. Il doppio è vinto, la Coppa Davis è in Italia.
Il tennis italiano sale sul tetto del mondo dopo una finale tanto discussa, tanto chiacchierata e che forse ha fatto passare in secondo piano lo sport. Ma la nostra è una pagina di Sport e vogliamo celebrare il successo di questi quattro moschettieri che per l’unica volta nella storia hanno portato la coppa Davis in Italia.
Sono Tonino Zugarelli che ha iniziato a giocare per necessità, perché fare il raccattapalle nei circoli romani portava buone mance e battendo Taylor a Wimbledon ha avvicinato l’Italia al trionfo; Paolo Bertolucci, carattere schivo e grandi qualità tecniche e naturali; Corrado Barazzutti, tenace, maniacale, sempre ad allenarsi, sempre pronto a migliorare; Adriano Panatta, talento smisurato, classe immensa e fantasia.
Foto di copertina: http://www.tenniscircus.com/around-the-net/quella-volta-che-litalia-vinse-la-coppa-davis-1976/ Copyright: ANSA