Simona, in una magica notte di Berlino di Settembre 2002, ha scritto assieme alle compagne una indimenticabile pagina di sport: per la prima volta l’Italia è diventata campione del mondo. Abbiamo incontrato Simona che ci ha raccontato la sua fantastica carriera
Simona, come inizia questa bellissima storia d’amore tra te e la pallavolo?
Inizia un pò per caso. Da piccola giocavo a tennis nel circolo di una mia zia, peraltro nel circolo dove giocava un certo Marco Bonitta. Il pallavolista di casa era mio fratello Max.
Poi un po’ per imitare mio fratello sono passata alla pallavolo con la “Portuale Ravenna”. Alle medie come professore di educazione fisica avevo Mauro Squarzoni, allenatore a quei tempi nelle giovanili della Teodora. Ha visto in me del talento e mi ha chiesto se volevo andare alla Teodora: per me era un sogno.
In terza media sono cresciuta 12 cm, ho vinto i giochi della Gioventù e ho iniziato a dedicarmi seriamente alla pallavolo
Chi erano gli idoli dei tuoi anni giovanili?
Ne cito tre, anche se ho cercato di prendere il meglio da tanti campioni: Keba Phipps, Karch Kiraly e Sabrina Bertini
Sono stati tanti i sacrifici per diventare grande?
No, perché la mia casa era in palestra. Quello era il mio ambiente, lì avevo le mie amiche. Spesso nel mondo sociale che stava fuori non mi sentivo bene, in palestra ero al sicuro. Forse l’unico sacrificio è stato decidere di abbandonare la scuola, ma a un certo punto la priorità era la pallavolo
Quando hai capito che potevi diventare grande?
Ci sono stati più di un momento. Quando a Ischia ho vinto lo scudetto Under 18 e quando siamo state promosse in A1. Dal punto di vista umano invece l’ho capito quando la Ale Zambelli e la Bertini mi stavano addosso, volevano tirar fuori il meglio di me. In quei momenti ho imparato tanto
Il 1999 è il primo anno davvero significativo: l’Europeo in casa e il passaggio a Bergamo
Prima di andare a Bergamo, ho fatto un anno al Club Italia ed anche la partecipazione ai mondiali del 1998.
Gli Europei 1999 giocati in casa sono un bellissimo ricordo. Abbiamo perso la semifinale al quinto set, ma da quel momento abbiamo cambiato il nostro modo di pensare: si stava formando quel gruppo storico che ci avrebbe portato al mondiale. Eravamo ancora inesperte e annebbiate nei momenti decisivi del match
Il 2000 è l’anno della Champions League
Quando penso alla finale contro l’Urallochka a Bursa, in Turchia, penso che è stato il primo momento in cui ho vissuto la trance agonistica. Ricordo che la Mauri (Maurizia Cacciatori) alzava e io in totale trance volevo attaccare ogni palla. A volte non mi rendevo neanche conto del punteggio! Eravamo fortissime: Io, Piccinini, Perez del Solar, Galastri, Soucy e la Cebukina che anche in quella finale fece un importantissimo lavoro mentale nei momenti più difficili
Pagine di Sport racconta spesso storie olimpiche, perché l’Olimpiade è la massima espressione dello sport: per te il 2000 significa anche Sydney e prima Olimpiade
Partecipare a un’Olimpiade è come per un bambino entrare in un parco giochi. Mentre sfilavo alla cerimonia pensavo alla strada fatta per arrivare lì davanti agli occhi del mondo. È una delle grandi emozioni della mia vita. La cerimonia di Sydney poi è stata una delle più belle.
Purtroppo c’è stato l’altro lato della medaglia. Ricordo che Frigoni ci disse di vivere il momento olimpico, perché così dev’essere, ma senza distrarsi troppo. C’è tanta dispersione di energia. Il villaggio olimpico è una festa, vedi tutti i campioni, è incredibile. Ricordo che regalai il biglietto per il volo a mia mamma (che mai aveva volato in vita sua)
Purtroppo siamo state eliminate subito, non abbiamo creduto nelle nostre forze
Agli Europei 2001 arriva la medaglia d’argento
Il 2001 non è stato un anno positivo per me. Problemi fisici, problemi di peso e un’annata difficile a Bergamo. Gli Europei invece sono stati molto positivi. Ormai eravamo coscienti di esser forti e che ce la potevamo giocare con tutti. Abbiamo perso con la Russia 3-2 al quinto set, ma ci siamo rese conto che eravamo pronte per la grande impresa
2002 è l’anno del capolavoro: Campioni del mondo!
Quel periodo è stato incredibile, poi non c’erano i social, eravamo un po’ isolate e non ci rendavamo conto dell’attenzione che partita dopo partita cresceva in Italia.
L’inizio è stato semplice, cinque vittorie 3-0 contro squadre più deboli. Ma anche vincer così facilmente quelle partite aiuta la propria consapevolezza. Avevamo un motto in quei giorni: “Rispetto per tutti, paura di nessuno”. Eravamo molto unite e giocavamo per il collettivo: non esisteva l’IO, c’era solo il NOI. E prima di ogni partita con la Manu (Manuela Leggeri) tutte in cerchio e abbracciate dicevamo tre parole: “Vittoria, vittoria, vittoria”
Come in tutti i romanzi a lieto fine, c’è però il periodo difficile: Russia e Cuba sono due sconfitte
Si, due partite giocate male in cui qualcuna di noi non era al meglio. Eravamo praticamente eliminate. Dovevamo vincere con la Grecia ed aspettare i risultati degli altri gironi.
Dopo aver battuto la Grecia, per l’ultima partita eravamo riunite in camera di Manuela Leggeri, ma c’era troppa tensione per veder la partita e così facevamo altre cose per non pensare.
Alla fine ci siamo abbracciate, abbiamo pianto per la gioia e ci siamo dette: “Ora spariamo tutto, il futuro è nelle nostre mani”
Corea del Sud e Cina: l’Italia si scatena
Avevamo studiato tanto a video il gioco delle asiatiche e non abbiamo sbagliato nulla. Con la Cina ho vissuto la mia seconda trance agonistica: ricordo un’azione durata tantissimo e chiusa da me. Non mi rendevo conto del punteggio ma volevo solo vincere e guardando le mie compagne lo volevo ancora di più. Il nostro sogno stava prendendo forma.
E poi in quelle due partite esplose la Toga (Elisa Togut): non sbagliava più nulla, ogni palla era una bomba a terra
Si dorme la notte prima di una finale mondiale?
Ricordo che prima di dormire chiamai mia madre che mi disse che tutto il paese ci seguiva ed era innamorato di noi. Poi come da tradizione, Darina Mifkova, mia compagna di stanza, completò il cruciverba: lei era scaramantica e se lo completava allora sarebbe stata vittoria! Anche quella sera lo completò. Poi dormire non è stato facile, ma alla fine la stanchezza di quelle settimane ha prevalso e ho dormito
15 Settembre 2002: Italia-Stati Uniti
Diciamo che l’inizio non è stato dei migliori, abbiamo sbagliato tutto, eravamo nervose e quasi impaurite dalle avversarie. Inoltre la presenza di Tara Cross Battle al posto di Keba Phipps ci aveva tolto dei punti di riferimento sul loro modo di giocare.
Poi il secondo e il terzo set sono stati la perfezione assoluta. Tutte noi non abbiamo sbagliato nulla
Infine il quinto set, con le due bombe conclusive di Elisa. Eravamo campionesse del mondo
Cosa si prova su quel podio, con quella medaglia?
Non si può, non si riesce a descrivere. È un misto di confusione, emozione. Pensi a tutto ciò che è stato e che hai passato. In quel momento non ti rendi davvero conto di quello che hai fatto. In fondo quel giorno abbiamo riscritto una storia.
Quante volte ho rivisto la cronaca di Mimmo Fusco e quel suo urlo “Campioni del Mondo”
Ci sono due simpatici aneddoti di quel mondiale memorabile
Il primo è che in quel mondiale ero una protagonista silenziosa perché avevo l’apparecchio e non parlavo troppo bene, per cui evitavo le interviste!
Il secondo, l’antidoping sia in semifinale sia in finale. Non riuscivo a farlo e così iniziai a bere birra. E con la birra anche l’antidoping fu completato
L’oro ti ha cambiato la vita?
Non direi che mi ha cambiato la vita, ma sicuramente è una partita che ha fatto tanto bene al movimento. Abbiamo creato qualcosa di nuovo, abbiamo fatto scoccare ancor più forte la scintilla per la pallavolo
La cosa più bella è sentirsi dire: “Mi sono avvicinata alla pallavolo grazie a te”
Dopo il mondiale fai la tua prima esperienza all’estero
Si, la prima di tre esperienze. In Francia, con il Cannes, non è stato facile. Iniziavo ad avere qualche problema fisico e non avevo il mio fisioterapista e massaggiatore di fiducia. Mi mancavano i miei punti di riferimento.
Credo che se tornassi indietro, con una maggior maturità, avrei potuto dare di più
Atene 2004, forse la delusione della carriera
Ci siamo presentate ad Atene da campioni del mondo con gli occhi addosso. Abbiamo fatto un bel girone eliminatorio ma purtroppo non tutte eravamo in grandissima forma.
Io avevo un ascesso al dente, ero in cura antibiotica per tutta l’Olimpiade e non sono riuscita a dare il massimo. Peccato perché era la mia ultima occasione olimpica e ci tenevo tantissimo
Nel 2006 per i mondiali in Giappone sei il capitano
Non è stata un’estate facile per alcune incomprensioni all’interno della squadra. In più poco prima del mondiale ci fu il cambio allenatore con Barbolini al posto di Bonitta.
La spedizione giapponese fu comunque positiva. Peccato per la finale terzo posto che poteva regalarci una medaglia. Ricordo che giocai quella finale dopo aver fatto una flebo per una violenta dissenteria che mi aveva causato anche uno svenimento in ascensore
Nell’ultima parte della tua carriera una lunga esperienza a Jesi
È stata un’esperienza forte e sentita, anche perché mia madre è marchigiana. E sono stati anni in cui ho fatto molto per Jesi: abbiamo vinto la Coppa Cev e sono stata MVP in finale e abbiamo raggiunto una finale scudetto. Anni che mi hanno dato molto, sportivamente e umanamente. Nelle Marche ho ancora molti amici
Nella tua carriera hai girato tanto e visto tanti posti del mondo: quale il più bello?
Per me San Pietroburgo dove ho chiuso la carriera è un posto splendido. Una città ricca di magia sia in estate con il sole a mezzanotte, sia in inverno quando è sempre buio. Una città da vedere
Chi è stata la persona più importante per la tua carriera?
Sicuramente primo fra tutti devo citare Julio Velasco: ho lavorato con lui per un periodo breve, ma a livello mentale mi ha insegnato tantissimo. Il pensiero positivo che mi ha trasmesso è stato fondamentale per la mia carriera. Dal punto di vista tecnico poi devo tanto a Angelo Frigoni e Marco Bonitta.
E poi tanti campioni che mi hanno ispirato e da cui ho imparato tanto: Karch Kiralyi tra gli uomini, Artamonova, Sokolova, Mireya Luís, Tai Aguero tra le donne. Il modello imitativo è essenziale per diventare grandi e io nella mia carriera ho cercato di prendere il meglio da tutti
Puoi rigiocare una e una sola partita: quale scegli?
Italia-Cuba ad Atene 2004: l’Olimpiade è il rammarico più grande della mia carriera perché quell’anno eravamo davvero forti
Lo sport è fatto di alti e bassi: ci sono stati bassi in cui volevi lasciare il tuo mondo?
Si, ce ne sono tanti. Ma lì esce forte il senso di squadra. Non puoi mollare perché sai che devi dare tanto per la tua squadra, sai che devi sudare per le tue compagne. Ad esempio quando giochi in nazionale sai che stai rappresentando il tuo paese e non molli, continui a lottare
Tu sei stata parte di un gruppo storico, che ha scritto la storia della pallavolo italiana: quanto è contato il gruppo?
Il gruppo è importantissimo, noi eravamo molto amiche e ci teniamo ancora in contatto. Vedere nei loro occhi la voglia di vincere era un forte stimolo in ogni momento. Da un po’ sto cercando di organizzare un ritrovo con tutta quella squadra, anche se siamo sparse in tutta Italia!
Ma il gruppo è importante anche nei primi anni della pallavolo, forse ancora di più. Le trasferte, i viaggi in pullman diventano momenti simili alle gite scolastiche che aiutano a crescere e cimentano il gruppo
Ti dico un nome: Sara Anzanello
Una grande perdita per tutto il movimento. Io l’ho conosciuta in nazionale, anche in momenti non belli per lei. Sara è sempre stata una ragazza capace di fare gruppo, voluta bene da tutte.
Ho avuto modo di reincontrarla a un Volley Camp di Jesolo dopo la fine della sua carriera e li ho scoperto ancora di più la bellezza di quella persona. Quando era a Milano in ospedale l’ho sentita spesso via messaggio. Sapeva che stava morendo.
Quanto è stata importante la famiglia per la tua carriera? Molto, mi hanno lasciato libertà, mi hanno sostenuto e mi hanno ascoltato quando avevo bisogno. Tutti, mio fratello, mia mamma ed anche mio padre, nonostante la malattia, sono stati importanti
Un consiglio per le giovani pallavoliste di oggi
Nonostante siamo nell’era dei social network, bisogna ritrovare i valori della squadra. È importante capire che la crescita della squadra conta come la crescita individuale.
E poi devi sacrificare qualcosa: il tempo nel pomeriggio, la serata con gli amici, il weekend. Quando affronti uno sport devi essere consapevole che dovrai fare duri sacrifici
Segui ancora la pallavolo oggi?
Si, seguo anche per rimanere nell’ambiente e vedere persone che conosco da tanti anni. A volte faccio le telecronache come in occasione della final four di Volley. Poi ovviamente seguo l’Italia
Quali sport segui? Chi il tuo campione di sportivo di oggi? Seguo tutti gli sport in particolare quando ci sono mondiali ed Olimpiadi. Il mio campione è sicuramente Roger Federer
Chi è Simona oggi, quali i suoi sogni?
Simona è una persona semplice che sta provando la via dell’imprenditoria. Voglio capire se riesco a realizzarmi anche in altre sfide, dopo i successi nello sport. Amo molto aiutare gli altri e cerco di farlo anche nel lavoro, come lo facevo in campo. E poi amo vivere vicino al mare!
Ultima domanda: cos’è stata per te la pallavolo?
È una domanda che mi fa commuovere ed avere i brividi. La pallavolo è stata tutto: famiglia, amici, passione, lavoro, amore, casino, tutto.
Nella pallavolo c’è la squadra, c’è lo spogliatoio, ma c’è anche la vita di tutti i giorni. E la palestra diventa un ambiente protetto anche dalle difficoltà della vita.
Ti ripeto, la pallavolo per me è stata tutto
Foto di copertina: profilo Instagram Simona Rinieri