“Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi”.
Mario Ferretti
Inizia così la radiocronaca Mario Ferretti il 10 giugno 1949, il giorno della tappa Cuneo-Pinerolo, diciassettesima tappa del Giro d‘Italia numero 32. E quella frase diventerà negli anni quel simbolo che meglio rappresenta la leggenda senza tempo di Fausto Coppi.
Alla partenza a Cuneo Fausto Coppi è secondo, staccato di 43 secondi da Adolfo Leoni. È un giorno terribile, pioggia, vento, neve in cima alle grandi vette del Giro. La prima scalata di quella giornata è il Colle della Maddalena e lì, a 192 km dal traguardo, Fausto Coppi attacca.
Sará l’attacco più incredibile della storia del Giro, l’attacco in cui l’ “Airone” se ne va, da solo. Coppi continua la fuga in solitaria nel Vars e nell’ Izoard, montagne sacre che erano state terreno di conquista del grande rivale Gino Bartali negli anni precedenti. La fuga prosegue sul Monginevro e infine nella scalata al Sestriere dove Coppi giunge con un vantaggio su Gino Bartali di 11’52”.
Quel giorno Coppi avrebbe vinto lo stesso anche scalando normalmente queste montagne che evocano timore al solo nominarle, ma decide di dominare i monti, decide di scrivere la pagina più bella della sua carriera unica e leggendaria.
Coppi, assieme a Bartali, aiutò l’Italia ad uscire dal dramma della guerra perché le loro gesta seppero emozionare gli italiani. E quel giorno, quella fuga incredibile iniziata quando mancavano ancora 200km alla conclusione diventò un romanzo per quell’Italia che stava ripartendo.
Quell’uomo solo al comando quel giorno non vinse una tappa, ma vinse la tappa, quella tappa che divenne romanzo ed epopea.
Perché dietro stava Bartali “tutto lordo di fango, gli angoli della bocca piegati in giù per la sofferenza dell’anima e del corpo” e davanti stava Fausto Coppi descritto da Dino Buzzati come l’ “Incanto del pedalare emerso dall’infernale fatica”.
Coppi assieme a Bartali creò una rivalità unica fatta di rispetto e fatica, di gioia e di sofferenza, ma una rivalità che fece nascere la “fiaba della bicicletta”, quella fiaba che secondo Dino Buzzati non tramonterà mai:
“No, non mollare, bicicletta… Se tu capitolassi, non solo un periodo dello sport, un capitolo del costume umano sarà finito, ma si restringerà ancor più il superstite dominio della illusione dove trovano respiro i cuori semplici”.
Dino Buzzati
Quel giorno, lungo quei 192 km percorsi in solitaria nella Cuneo-Pinerolo, Fausto Coppi, diventò per sempre leggenda perché quel giorno
Il 02 Gennaio del 1960 il “campionissimo” morì, ma il suo mito, quello no, quello non morirá mai.
Ph. copertina dal sito web federciclismo.it