Con l’inizio in Giappone dei mondiali di rugby, ricordiamo uno dei momenti più iconici della storia di questa manifestazione.
È il 22 novembre 2003 e a Sydney scendono in campo Australia e Inghilterra: è la finale della William Webb Ellis Cup, la finale dei mondiali di rugby. Il rugby, sport nato in Inghilterra. E per quell’occasione c’è stata un’invasione inglese a Sydney: lo stadio è mezzo verde e oro, il colore dei Wallabies e mezzo bianco, il colore dei XV della rosa.
È la finale dei mondiali, ma è anche una rivincita. Perché nel 1991 le due nazionali si affrontarono in finale a Londra, nel tempio di Twickenham: vinse l’Australia 12-6. Era l’Australia di David Campese, Michael Lynagh e Nick Farr-Jones, una squadra semplicemente fantastica. L’Australia inoltre è campione in carica dopo il titolo vinto a Cardiff nel 1999.
E quella domenica di novembre del 2003 gli inglesi sognano la rivincita e sognano di portare per la prima volta il mondiale in Europa. Entrambe le nazionali arrivano alla finale con solo vittorie e con risultati roboanti (142-0 per l’Australia con la Namibia, 111-13 per l’Inghilterra con l’Uruguay). Ai quarti l’Australia ha la meglio sulla Scozia, mentre l’Inghilterra sul Galles con 21 punti di Wilkinson. Flatley e Wilkinson con i loro calci dominano anche le semifinali nelle quali l’Australia sconfigge la Nuova Zelanda e l’Inghilterra elimina la Francia.
La finale è stupenda: gli 80 mila dello stadio di Sydney assistono a un grande spettacolo. Dopo pochi minuti Tuqiri va in meta ma l’infallibile Flatley fallisce la trasformazione. L’Inghilterra pare in difficoltà ma in squadra c’è un tale Jonny Wilkinson che con tre calci porta avanti i suoi 9-5. Quando verso la fine del tempo Dallaglio passa la palla e Wilkinson e poi Robertson si invola in meta, sembra fatta per i sudditi della regina: 14-5 dopo 40 minuti.
La ripresa è un assalto Wallabies sospinti da un pubblico esaltante. Flatley non sbaglia nulla, realizza due calci e poi all’ultimominuto con un altro piazzato porta tutto in parità: 14-14 in una finale appassionante.
In un romanzo che con l’avanzare dei minuti diventa drammatico Wilkinson riporta avanti gli inglesi, ma ancora Flatley a tre minuti dalla fine pareggia sul 17-17. Gli sguardi tra i giocatori riportano tensione, ardore agonistico, il pubblico vive in apnea una finale splendida.
L’Australia ha la palla della vittoria, ma la perde a 80 secondi dal termine.
Siamo al centesimo minuto di gioco e c’è una touche per gli inglesi. C’è poi il mediano di mischia che prende l’ovale e lo lancia verso Jonny Wilkinson. E poi c’é l’uomo della storia che effettua il drop perfetto, il drop che fa piangere il popolo australiano e che rende memorabile quella domenica inglese. Inghilterra-Australia 20-17. È il classico “Momento nel tempo”, uno di quelli che quindici anni prima aveva cantato Whitney Houston. È un momento che cambia lo sport.
Finisce così quel mondiale, finisce con l’Inghilterra campione del mondo e finisce con l’Europa che per la prima (e unica) volta scrive il suo nome nella storia mondiale di questo sport. E finisce con un fuoriclasse senza tempo che riscrive il mito del rugby, mentre la regina d’Inghilterra lo nomina Baronetto.
Due settimane dopo Londra si fermerà per rendere onore a una squadra che ha scritto una delle pagine più belle dello sport mondiale: è l’Inghilterra di Capitan Johnson e Dallaglio, di Cohen e Grinwood, di Robinson e Thompson ma soprattutto di SIR JONNY WILKINSON, l’uomo del drop più importante della storia del rugby
foto di copertina: https://www.express.co.uk/sport/rugby-union/595185/Jonny-Wilkinson-reflects-iconic-World-Cup-drop-goal