Tutti nelle loro vite incontrano ostacoli da affrontare e superare: per lui quegli ostacoli erano la sua passione, la sua vita, il suo sport. È la storia di Graziano Mancinelli e del suo oro olimpico nel salto equestre a Monaco 1972, la storia di un campione, la storia di un uomo troppo presto dimenticato.
Graziano è milanese, di famiglia umile, ma fin da piccolo si trasferisce a Roma dove conosce il mondo dei cavalli. E se ne innamora: della loro bellezza, della loro eleganza. Già a 15 anni inizia a vincere gare e a dedicarsi a tempo pieno all’equitazione, e lo fa montando i cavalli più deboli.
A 17 anni Graziano torna a Milano dove incontra Osvaldo Rivolta che lo guiderà alla consacrazione nel mondo degli sport equestri.
Sono gli anni della dolce vita e del boom economico italiano: la gente sta bene, è felice ed anche lo sport vive momenti di gloria. Sono anni d’oro anche per l’equitazione italiana che con i fratelli D’Inzeo sta raccogliendo vittorie e tanto seguito. Graziano vince il primo oro agli europei nel 1963, poi il bronzo olimpico a Tokyo 1964 montando la grigia irlandese Roxette. Ai mondiali del 1970 fu argento e quello è il preludio al grande capolavoro olimpico di Monaco 1972 che consegna Mancinelli tra i grandi dello sport italiano.
E’ il 3 settembre 1972 e la festa olimpica è in corso nella città bavarese ancora ignara di quello che sarebbe successo due giorni dopo con gli attentati di Settembre Nero. La competizione di salto a ostacoli si svolge allo stadio olimpico, sotto il fuoco del braciere di Olimpia.
Graziano Mancinelli monta uno splendido cavallo grigio, Ambassador, forse troppo giovane per vincere: e infatti l’Italiano non parte tra i favoriti.
È una bellissima finale in cui Mancinelli ha, durante la seconda e ultima prova, la possibilità di vincere, ma l’errore all’ostacolo chiamato ”cancello fiorito” pareggia la situazione con la campionessa inglese Ann Moore e lo statunitense Neal Shapiro. Si va così al barrage per decidere le tre medaglie olimpiche. Psalm e Sloopy, i cavalli della Moore e di Shapiro sono da tutti considerati i più forti.
Il barrage è momento di tensione ed emozione perché ti giochi quattro anni di lavoro e sei lì da solo con il tuo cavallo, in un binomio che va oltre lo sport e il rapporto tra uomo e animale.
Il primo a scendere in pista è Shapiro che commette errori ed è fuori gara. Quando tocca a Mancinelli, con la sua giacca rossa, si assiste al percorso perfetto: Graziano non sbaglia nulla, Ambassador è perfetto anche nella gabbia, l’elemento più complesso del percorso olimpico.
Dopo Graziano anche Ann Moore su Palm sbaglia e per l’Italia è oro: un oro voluto, desiderato, cercato. Un oro meritato che consacra Mancinelli alla storia sportiva italiana.
Perché in fondo anche i cavalli più difficili a lui obbedivano, solo a lui.
Mancinelli morirà nel 1992 dopo aver svolto anche il ruolo di Commissario Tecnico della Nazionale. Morirà di AIDS, una malattia che in quegli inizi anni 90 uccideva senza guardar in faccia nessuno, e anche di tante cattiverie dette nei suoi confronti, per tanti segreti che non dovevano essere scritti nei giornali. E forse anche per questo, verrà dimenticato troppo presto, lui che ha dato tanto all’equitazione e allo sport.
foto di copertina: https://ucifweb.it/contenuti/salto-ostacoli/2020/04/18/quel-giorno-a-monaco/