PAGINE DI SPORT ha incontrato, in videochiamata, il campionissimo del Tiro a Volo GIOVANNI PELLIELO. Johnny ci ha raccontato la sua carriera tra aneddoti e la voglia di continuare anche oltre Tokyo 2020. La carriera di Pellielo vanta un palmares impressionante con quattro medaglie olimpiche, 3 argenti e un bronzo, e ben dieci ori mondiali. La carriera di una leggenda del tiro a volo, la carriera di una persona straordinaria
Johnny, iniziamo il racconto della tua carriera: Chi era il bambino e adolescente Johnny?
Ero un bambino semplice, abitavo a Vercelli e soffrivo di asma. Le crisi asmatiche mi costringevano a rimaner spesso segregato in casa e non potevo effettuare alcuno sport.
Poi a inizio 1989 iniziai a far le mie prime uscite di tiro con mia madre, donna molto appassionata di tiro. Il mio primo fucile fu una Beretta 682, costava un milione di lire.
E subito arrivarono i primi risultati
Vinsi da subito le prime gare a livello nazionale, poi partecipai ad Europei e Mondiali Junior, infine nel 1991 partecipai ai mondiali Senior. E si aprirono cosi le porte di Barcellona 1992
In quegli anni avevi un campione sportivo?
Ero affascinato da Luciano Giovannetti che vinse l’oro in Fossa Olimpica a Mosca e a Los Angeles; tra gli altri sport amavo John McEnroe per la sua ecletticità, il suo esser libero e spontaneo
Barcellona 1992, le Olimpiadi dopo gli anni che cambiarono il mondo intero: inizia la storia d’amore tra Pellielo e l’Olimpiade
Una storia che inizia in modo molto particolare. Appena misi il piede destro dentro il villaggio olimpico, suonò l’inno d’Italia. Provai un forte senso di appartenenza. In quel momento sono rimasto folgorato, per me è stato un segno del destino. Infatti quell’inno l’ho sentito suonare molte volte.
Poi ricordo che al primo tiro chiudere il fucile fu difficile, il primo piattello infatti fu uno zero. . Poi mi ripresi, ma rimasi fuori dalla finale chiudendo con 193. Ma fu comunque un’esperienza incredibile
A Nicosia, nel 1995 arriva il primo oro mondiale
E arrivò con una facilità disarmante, una finale che ho dominato dall’inizio alla fine, facendo 25/25 in finale. Avevo 25 anni e sconfissi mostri sacri come Diamond e Russell. In quella gara arrivò terzo un ragazzo San Marinese, Francesco Amici
Atlanta è la tua seconda Olimpiade, un po’ sfortunata
Prima di Atlanta ci fu un momento importante in quanto vinsi il concorso per entrare in Polizia Penitenziaria nel gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre.
Poi arrivò Atlanta, un’edizione olimpica che partì male. Nella strada per l’aeroporto di Genova ebbi un incidente in cui finii sotto un camion. Mi soccorse Bina Guiducci, campionessa anch’essa di tiro, e raggiungemmo Roma in auto. Un segno premonitore di un’Olimpiade che andò male. Tirai molto bene, feci sempre 24 in prima canna ma non raggiunsi la finale.
Dopo Atlanta inizia un periodo d’oro per Pellielo, mondiali 1997 e mondiali 1998
Due bellissimi ricordi. Lima, dove vinsi nel 1997, è un campo che ricorda molto il mio a Vercelli, un po’ brullo, con macchine Rossini molto tecniche. Anche in quell’occasione vinsi abbastanza nettamente.
Poi Barcellona nel 1998 fu una finale incredibile. Ricordo che le qualificazioni erano al mattino. Feci 124 ed andai in albergo convinto di esser primo: quando tornai il pomeriggio per la finale mi dettero il numero 2. E scoprii che anche Lance Bade aveva il mio stesso punteggio. Fu una finale infinita che finì al diciassettesimo tiro di spareggio, servirono 167 piattelli per vincere quell’oro
Sydney 2000, la prima medaglia olimpica. Che emozioni si provano?
Quel giorno feci 117 + 24 in finale, non un grandissimo risultato per una finale. Diamond fece una gara stratosferica e Peel fu secondo. Io ho un ricordo incredibile: la gioia fu talmente tanta da non riuscire a gioire. Era il risultato raggiunto dopo anni di impegno, sacrificio e dedizione.. Io vedo poca distinzione tra oro, argento e bronzo: ogni medaglia vale, ogni medaglia ti dà tanta soddisfazione. Per alcuni la medaglia è la soddisfazione di un bisogno, per me è diverso, è la passione che diventa gioia
Da Sydney ad Atene, dal bronzo all’argento…e quella dedica ai nemici
Ad Atene l’emozione era tanta, perché lì le Olimpiadi sono nate. E avevo la pressione di una medaglia vinta 4 anni prima, e quando hai vinto una medaglia, poi la pressione aumenta. E’ stata un’Olimpiade difficile anche per il clima: a Markopoulo faceva caldissimo e c’era un vento costante. Vinse il russo Alipov con 149. Dedicai quella medaglia ad alcune persone che speravano in un risultato negativo
La storia olimpica di Johnny sembra non finire mai, Pechino 2008
Fu una finale epica per la pioggia che si scatenò su Pechino. Fu inoltre la prima finale a un colpo. Kostelecki fece 25, una prestazione incredibile. Io feci 23, Pechino era un campo che comunque mi piaceva, lì vinsi una gara nel 2005, il giorno in cui mancò Papa Wojtyla. Di Pechino ho inoltre uno strano ricordo: era vietato esporre simboli religiosi, cosa a mio parere sbagliato: perché mai dovremmo rinunciare ai simboli della nostra fede
Londra 2012: la sconfitta e la ripartenza
A Londra arrivai settimo e non partecipai alla finale. Per tanti avrei smesso, avevo 42 anni e non sarei stato in grado di continuare. Invece la determinazione e la voglia di ripartire erano tante e da quel momento partì un quadriennio davvero splendido in cui risposi alle critiche. Vinsi il mio quarto mondiale a Lima e due Europei.
E in quei momenti conta tanto la determinazione: perché è lì che ti senti debole e hai paura. E solo con la determinazione riesci a ripartire
L’ultima storia olimpica di questa incredibile storia è Rio 2016: gioia o delusione?
C’è una frase nel Vangelo che dice che “Solo uno stolto si preoccupa per qualcosa che non dipende da lui”. Quel giorno ruppi più piattelli di tutti, ma il regolamento era cambiato: nelle semifinali e poi in finale si ripartiva da zero. Avrei dovuto vincere io, ma allo shoot off con Glasnovic sbagliai un colpo. Significa che dovrò vincere l’oro quando il mondo penserà che non vincerò. Non c’è comunque delusione, torno al discorso di prima: ogni medaglia olimpica ha un valore inestimabile
Ed ora Tokyo 2020, che sarà 2021 e…perché no, Parigi 2024
Per Tokyo è cambiato il sistema di qualificazione, per cui non sarà facile e ci sarà molta imprevedibilità. Spero di esserci come spero di esserci a Parigi 2024 dove potrei superare i fratelli D’Inzeo come numero di partecipazioni olimpiche
C’è un momento tra tutti quelli raccontati che rappresenta la tua carriera?
Sì e non ne abbiamo ancora parlato. Un Gran Premio Junior, una gara forse insignificante. Non erano momenti facili, mantenersi in uno sport come il tiro a volo non è facile. Ricordo che andai a far questa gara in treno: ricordo ogni piattello, ogni momento. Quella gara la vinsi e fu il via per tutte le altre
C’è una gara e solo una che vorresti rifare?
No, ogni gara ti porta via tanto. Lo sport è un gioco come ho detto prima, ma la gara, la tensione che vivi ti porta spesso il desiderio di finire e scappare. Io ho sempre dato tutto me stesso, e sono contento dei risultati raggiunti. Non rifarei alcuna gara
Hai fatto tanti nomi dei tuoi avversari: siete amici tra di voi?
Con alcuni sì, siamo veri amici e abbiamo un ottimo rapporto. Per me Kostelecky e Diamond sono amici, con cui parliamo spesso quando siamo alle gare; con altri c’è solo rispetto sportivo
Hai dei campi di gara preferiti?
Ce ne sono tanti: ovviamente Vercelli, ma in Italia anche Lonato, Uboldo, Montecatini. Aggiungo Capua e Pastorano dove ho vinto le prime gare. All’estero Monaco, Nicosia, Lima, Barcellona e Pechino
Quali sono i segreti di un tiratore? Che consigli daresti a un giovane che vuole intraprendere questa strada?
La passione prima di tutto. Per la passione i sacrifici non ti pesano, per la passione il tiro è il primo pensiero del giorno e l’ultimo della sera. Tutti i giorni. Una volta che c’è la passione allora entra in gioco la predisponsizione e le capacità . Se c’è la passione e il giovane è bravo, allora si può andare avanti
Tu hai vissuto sette Olimpiadi, sette paesi e sette culture diverse. Cosa ti hanno regalato queste esperienze?
Per me l’Olimpiade è la gioia della celebrazione. Oggi l’uomo vive in modo molto solitario, è molto social, ma poco socievole. L’Olimpiade è la condivisione della comunità sportiva. L’Olimpiade non è solo la medaglia, ma è anche l’applauso di chi ti sta vicino. L’Olimpismo è proprio questo: è la fratellanza, la libertà, l’uguaglianza. Ed è lo spirito Olimpico, quello spirito per cui è stato giusto rinviare Tokyo 2020. Non si poteva gioire, non si poteva condividere l’emozione mentre troppa gente muore.
Se devo citare un momento Olimpico che rappresenta proprio questa gioia della condivisione, la mia mente va a Barcellona, alla cerimonia d’apertura. Davanti a me c’erano Domingo, Carreras, Pavarotti e Cabellé Montserrat che cantavano: un’esperienza unica
Pagine di Sport raconta le grandi storie dello sport: quali sono per te le imprese che piu tu hanno fatto emozionare
Tante, troppe. Sceglierne qualcuna è difficile. Dico Carl Lewis a Los Angeles 1984 e il mondiale di calcio del 1982.
C’è un aspetto molto importante ed intimo nella tua vita, le fede. Che cos’è per te la fede?
E’ la capacità di fidarsi di qualcuno che non conosci ma che sai che è vivo. Io prego per vivere ogni giorno la gioia e la bellezza della vita in un modo in cui troppe recriminazioni e troppi turbamenti ci allontanano dalla felicità. La vita è un dono che abbiamo. Non prego per le mie gare. Per me vivere è essere qui, godere e gioire per quello che abbiamo. E prego per questo
Nel 2000 hai avuto l’occasione di incontrare Papa Giovanni Paolo II
Si, un momento meraviglioso della mia vita. La foto con lui è tra i miei ricordi più belli
Come ci si sente ad esser un uomo così grande per lo sport italiano e mondiale?
Lo sport per me continua ad esser un gioco in cui mi diverto. Poi c’è la gara, il mondiale, l’Olimpiade che diventa un momento di gloria, ma poi il giorno dopo devi tornare a essere il bambino che vuole giocare. Solo in questo modo la storia sportiva continua.
E credimi, non mi sento così grande. Penso agli operai in miniera, lì vedo la vera resilienza, molto maggiore di quella di un calciatore o di un altro sportivo. Ci sono tante persone che fanno grandi cose. Pensa a Madre Teresa di Calcutta: lei era una sportiva incredibile, ha lavorato una vita vicino ai lebbrosi. Ci sono tante persone che fanno bene le proprie cose: pensa agli infermieri di oggi che lottano per salvare le vite
Qual è il sogno di Johnny Pellielo sportivo e di Johnny Pellielo uomo?
Da sportivo sogno di fare il mio sport ancora per tanti anni e chissà magari tra molti anni vincere anche il mondiale Master! Non dico che sogno di vincere l’Olimpiade!
Da uomo, vorrei non morire mai perché amo vivere. Vorrei svegliarmi un giorno e vedere le persone felici. Vorrei che gli anziani non morissero mai, perché loro sono i nostri libri. E un popolo è forte se ha radici culturali forti.
Un messaggio per i lettori di “Pagine di Sport”
Siete fortunati a leggere di sport in una pagina scritta per passione da persone serie. Una pagina senza sensazionalismi, una pagina che racconta la verità sportiva. E la verità ci aiuta a esser liberi di sognare e di sperare
Grazie Johnny, oggi ci hai fatto emozionare
Grazie a voi
Foto di copertina fornita da Giovanni Pellielo