“Pagine di Sport” ha incontrato, in videochiamata, la leggenda della vela italiana Alessandra Sensini. Alessandra nella sua carriera ha vinto 4 medaglie olimpiche consecutive, culminate con l’oro di Sydney 2000 e un numero infinito di mondiali. Oggi Alessandra è vicepresidente del CONI
Alessandra, iniziamo a raccontare la tua vita: qual è stata la prima volta che sei salita su una tavola da windsurf?
Avevo 12 o 13 anni. Mio padre amava il mare e le mie sorelle avevano già fatto un corso di windsurf. Io non potevo farlo, ero troppo piccola e non avevo la forza per muovere una vela. Poi mio padre trovò un windsurf più piccolo, adatto a me, e così iniziai. Avevo già lo sport nel sangue, già facevo altri sport come basket e nuoto e già ero molto competitiva
C’è un tema che tornerà ancora durante l’intervista: il mare. Cos’era per te il mare già allora?
Il mare lo conoscevo già molto bene. Il padre era appassionato di sub e ci portava spesso nell’Arcipelago Toscano. Ricordo che con lui andavamo alla boa a nuoto, le prime volte andavo con i braccioli, poi con un bracciolo solo, poi con le pinne, poi senza nulla. Erano i battesimi sul mare
Ci sono tanti racconti sul tuo inizio carriera che dicono che, quando eri adolescente, eri l’incubo dei maschi
Già quando ho iniziato a giocare a basket, giocavo con i maschi! Il destino forse era quello di dover competere anche con gli uomini! Ero il loro incubo perché li battevo spesso nelle gare giovanili. Vivevo molto la competizione e sognavo fin da giovane di diventare atleta. Ricordo quando vinsi il titolo italiano misto, forse l’ho vinto due volte, è stato buffo. Ero davvero il loro incubo
Un momento importante per la tua vita e la tua carriera: la perdita della mamma
Le storie personali fanno parte della vita che devi affrontare. Io ho vissuto molto presto questo momento e questo distacco. In quei momenti fare sport mi ha aiutato ad evadere e a vivere meglio quel dramma
C’è stato un momento in cui hai capito che il windsurf era la tua strada e saresti diventata quella che oggi sei?
Io fin da piccola sognavo di fare l’atleta, mi piaceva il gesto atletico: guardavo le Olimpiadi e mi emozionavo davanti ad ogni podio, ad ogni momento olimpico, all’inno italiano. Ricordo che vinsi un campionato italiano assoluto e mi mandarono a fare il mondiale. Quel mondiale per me ebbe un significato particolare, perché era la prima volta all’estero, era la prima volta in una gara internazionale. Ecco, lì ho pensato: “Questa cosa mi piace, farò windsurf”.
Nel 1989 vinci il tuo primo mondiale. Quali sono i ricordi di quel primo oro mondiale in cui avevi a 19 anni?
Eravamo in Texas, a Corpus Christi. Io venivo da un mondiale in cui avevo fatto un secondo posto. Iniziavo ad assaporare il risultato e la tensione per raggiungerlo. E’ uno step necessario nella carriera. In quell’occasione sentivo che ce la potevo fare, sentivo che stavo regatando bene. Quando vivi quei momenti devi semplicemente andare in acqua e tirar fuori il coraggio di fare con naturalezza quello che sai già fare.
Quando un giovane a inizia a far sport, associa il proprio sogno alle Olimpiadi. Tu nel 1992 ti ritrovi convocata per i giochi di Barcellona Io associavo lo sport alle Olimpiadi. Vedevo in televisione tutti gli idoli dell’epoca e sognavo un giorno di esser a un’Olimpiade: Carl Lewis, Sara Simeoni, Pietro Mennea, Michael Jordan, Larry Bird e Magic Johnson. Barcellona fu per me forse l’Olimpiade più bella. Al villaggio olimpico che si trovava presso il Porto Olimpico eravamo tutti assieme, il campo di regata era lì davanti, molto vicino. Ricordo la mensa grandissima, noi avevamo il cuoco per la delegazione italiana, e ricordo che incontravi i tuoi miti (ricordo gli incontri con Edberg e Becker). Era qualcosa di fantastico, c’erano i cinema, una sala per la musica, sale videogiochi enormi, era un villaggio molto sfarzoso. Se lo confronto con Atlanta era l’opposto anche perché il campo di regata nel 1996 era a Savannah. Barcellona è stata la prima Olimpiade, ma forse è stata la più bella.
La gara andò bene fino alle ultime due regate, quando presi due squalifiche per partenza anticipata pagando l’inesperienza: non fui lucida, persi la lucidità, andai completamente “fuori di testa”, e sopraffatta dalla paura, sbagliai. Forse anche perché negli ultimi giorni avevo dormito poco! Rimane però un’esperienza fantastica
Atlanta 1996, per te arriva la prima medaglia olimpica
Atlanta fu un’Olimpiade molto diversa da Barcellona. Il campo di regata era a Savannah e si arrivava dopo un’ora e mezzo di percorso tra i canali. Non vivevamo nel villaggio Olimpico e non si mangiava bene come a Barcellona. Ricordo che c’era una corrente fortissima, c’era poco vento. C’era inoltre un dislivello di marea incredibile per cui alcune isolette si formavano e dopo 6 ore sparivano. Ricordo poi che quando il mare si ritirava nelle spiagge c’erano molti animaletti che sembravano animali preistorici, e mi facevano una gran paura!! Insomma, un posto davvero selvaggio.
Partii bene, ma dopo il giorno di riposo ebbi una giornata sbagliata e mi ritrovai in 5a/6a posizione. Poi recuperai e prima dell’ultima regata ero quarta. Per arrivar terza, dovevo sperare che la rivale non andasse troppo bene: ero affranta perché ero ancora fuori dalla zona medaglia. Prima dell’ultima regata stetti molto male e continuavo a pensare agli errori fatti, poi un’amica mi fece capire che dovevo smetter di lamentarmi e lì qualcosa mi scattò. Decisi che dovevo semplicemente fare il massimo anche per accettare l’eventuale risultato negativo. E così entrai in acqua e feci una regata d’attacco: ero molto lucida e mentalmente riuscii a creare una perfetta strategia di gara. Ero io che comandavo la gara. La rivale per il terzo posto ( la norvegese Jorunn Horgen) mi stava vicino e cercava di controllarmi. Io vinsi la regata, lei arrivò dietro di me ma non ero riuscita ad arrivar al bronzo. Ero comunque soddisfatta perché avevo fatto la regata che volevo. Mentre ero all’antidoping, tutta mogia e triste, venne la ragazza arrivata seconda (la neozelandese Kendall) e grazie a lei scoprii che la terza arrivata era stata squalificata per partenza anticipata. E così salii sul podio e capii cosa volevano dire tante cose, in particolare la sicurezza e la confidenza in me stessa
Sydney 2000. L’oro olimpico, in Australia, nella terra dei surfisti, nella terra che ami. Il sogno diventa realtà
Ero già legata all’Australia, lì feci la festa dei miei 18 anni. Significava l’altra parte del mondo, e per me uno dei posti più belli al mondo. Sydney è uno dei posti più belli come qualità, vita, colori, energia, mare, è un posto che adoro.
Ho lavorato tantissimo, ho studiato tantissimo quella gara che ho voluto fortemente. Il campo di regata era all’interno della baia, c’era il pubblico, era spettacolare. Sentivi la gente. Ricordo che in una delle ultime virate dell’ultima bolina c’era mio padre, mia sorella, altri italiani e c’erano i tedeschi che tifavano la Lux.
La storia della storia: l’ultima regata di Sydney 2000
Sono stati i 48 minuti piu belli e intensi della mia vita, vissuti con tremila emozioni. Eravamo io e la tedesca Lux. Io avevo preso il vantaggio nella prima bolina, nel passaggio a Shark Island mi trovai in buco di vento mentre lei prese la corrente. E’ stato un continuo sorpassarci fino alla fine. Ed è stato ancora più bello vincere perché c’è stato un gran rispetto tra noi due. Non ho parole per spiegare le emozioni. Alla fine sei esausta, non riesci neanche ad esultare da quanto morta sei. C’è un senso di liberazione, c’è il senso di dire “ce l’ho fatta”. Poi più passa il tempo, più realizzi l’impresa che hai fatto. Ricordo che a Grosseto c’era la città che mi aspettava.
Atene 2004: cos’è successo in quell’ultima regata dopo un quadriennio in cui vincevi tutto
Si era rotto il feeling con il mio staff tecnico. Nonostante avessi vinto il titolo mondiale tre mesi prima, sentivo che non andavo, non ero più felice. Iniziavo a sentire lo sport come lavoro e avevo perso la felicità del gioco. Quando raggiungi un oro olimpico e ottieni il tuo sogno, ti devi adeguare al cambiamento della vita, non tanto dal punto di vista tecnico, ma umano e motivazionale. Come fai a dire “Vinci il mondiale con due prove di anticipo ma non cammino”? Significa che non sei contenta. Io cercavo il desiderio di giocare in acqua, di giocare in mare e questa parte così importante io non la provavo più e non la comunicavo.
Atene è stata la conseguenza. Quell’ultima regata dovevamo partire a un certo orario, ma una volta usciti in mare, per un cambio di vento, abbiamo dovuto aspettare che riposizionassero il campo e quando la regata è stata ripresa, il vento era debolissimo. Ho fatto una bruttissima regata e ho vinto il bronzo che avrei vinto anche stando a terra. Ci sono stata molto male, c’erano cose che non mi tornavano. Dopo Atene ho cambiato tutto lo staff e ho cambiato anche le modalità di allenamento: prima viaggiavo molto, poi avevo creato il mio piano di allenamento a Grosseto. E ho avuto ragione, ho vinto il mondiale e poi l’argento Olimpico.
Atene per te è stata una sconfitta: cosa è per uno sportivo la sconfitta?
La sconfitta è il momento in cui impari qualcosa. Ho smesso e ho ricominciato anche per capire se avevo ragione: quella sconfitta l’ho analizzata tanto e ho pensato che avrei dovuto aver più coraggio nel dire le cose che non andavano. Ma è anche vero che se alla fine non esci mai dal podio fai fatica a far capire che quel metodo non va bene. La sconfitta è un momento che devi vivere fino in fondo per crescere: la sconfitta te la ricordi bene, io ci sono stata male tantissimo.
Pechino è l’ultima tua medaglia, la quarta in quattro Olimpiadi. Quali i tuoi ricordi? Ricordo che c’era una corrente pazzesca con pochissimo vento. Fu un’Olimpiade molto fisica. Io avevo fatto un programma fisico grandioso, tanti circuiti con diversi attrezzi, usavo la bicicletta, nuotavo: era una diversità di allenamento davvero bella. A Pechino qualche rivale iniziava ad aver 15-18 anni meno di te. Tecnicamente ero più forte della cinese, ma lei quando non c’era vento volava. Fu bello perché in conferenza stampa lei mi guardò e disse “io sono a pezzi, lei non so come faccia a 38 anni”. Quello è stato un bell’argento anche se ho perso l’oro per un punto. Però ho imparato tanto in quell’Olimpiade
Tu negli anni hai avuto un ruolo incredibile nello sport italiano: hai fatto scoprire il windsurf agli italiani e lo hai portato in Italia. Cosa provi a veder la gente fare questo sport? E’ bello sapere che rappresenti uno sport e lo hai portato nelle case degli italiani. Mi fa piacere quando le persone me lo dicono. Io ancora vado in windsurf sperando che venga pubblicizzato il più possibile. Grande soddisfazione è stata fare la pubblicità alla Ferrero del Kinder Maxi: in quel modo portavo davvero il windsurf nelle case di tutti a qualsiasi ora.
C’è una frase bellissima riportata in alcuni articoli su di te: “ti allenavi studiando i venti e cavalcando le onde di tutto il mondo”. In questa frase non c’è solo uno sport ma un modo di vivere
E anche per questo non ne posso più della quarantena, perché ho vissuto tra mare e vento. Ho molte miglia da utilizzare, avevo in programma di tornare alla Hawaii. Invece Hawaii annullato, Olimpiadi posticipate, in aereo non si può viaggiare. Un disastro! Io da piccola volevo far l’atleta e volevo viaggiare, potevo esser un’avventuriera. Anche quando ho fatto Pechino Express per me era una gara! Ora lo farei in modo diverso, con più spettacolo!
Tu hai visto tantissimi posti di mare in cui hai lasciato il cuore più di altri? L’Australia è qualcosa di particolare, fuori classifica. Poi ci sono le Hawaii, la Nuova Caledonia, un posto bellissimo. Quando finisce questa quarantena me ne devo andare in una di queste spiagge
Tu hai vinto tanto e hai dato tanto a questo sport. Questa vita comporta anche alcune rinunce, per te quali sono state? E’ una vita particolare almeno per come l’ho vissuta io, poi ognuno ha le sue diversità personali. Io invidio chi ha vissuto gioventù e chi ha avuto tanti amici in gioventù. Io ho viaggiato molto fin dall’adolescenza, ho amici sparsi per l’Italia, ma non ho lo zoccolo delle amicizie della scuola e dell’infanzia. Mi è mancata la vacanza di fine scuola, i miei viaggi erano per il surf e le regate, non era il viaggio con gli amici scelti e la meta scelta. Vivi esperienze forte, particolari, diverse ma non hai quelle relazioni e quei rapporti che poi, quando smetti di esser una sportiva, ti mancano.
Oltre alle vittorie cosa ti ha insegnato lo sport: quali le cose belle, i valori?
Lo sport ti insegna a non mollare mai, ad affrontare situazioni complesse. Ti dà un metodo, ti dà la resilienza. E poi ti regala tante esperienze e tanta apertura mentale per aver visto tante cose.
Quali sono per te i valori più importanti dell’Olimpismo?
E’ il momento in cui il mondo si ferma, tutto lo sport è uguale e ha lo stesso valore. Stare tutti nel villaggio significa esser tutti allo stesso livello. E’ un posto dove c’è meno pressione perché tutti hanno il tuo stesso problema. E’ un qualcosa di unico, qualcosa che ti timbra e ti porti per tutto il resto della vita. Il podio è uguale per tutti, le medaglie sono uguali per tutti, il cibo è uguale per tutti. Siamo tutti lì, tutti a giocarci in 15 giorni la cosa più importante
Nel 2005 tu fai un corso di management sportivo. Come mai hai deciso di farlo? Ti è servito per arrivare alla vicepresidenza del CONI
Mi è sempre piaciuto l’aspetto dirigenziale e manageriale, durante la mia carriera non facendo parte di corpi militari ero manager di me stessa. Il management sportivo era molto adatto a me e fin da subito entrai nei Consigli federali del CONI come rappresentante degli atleti per capire quello che avrei potuto fare da grande. Di certo non mi aspettavo di diventare vice-Presidente del CONI
E quindi come Vice Presidente CONI ci devi dire chi sono i nomi per Tokyo 2020
Lo sport italiano è andato molto bene. In base agli ultimi Mondiali ed Europei, l’Italia ha buone chance di medaglia. Per la vela abbiamo l’Italia in 6 classi su 10, ma non abbiamo ancora i nomi. La maggior speranza è nella classe Nacra 17, il multiscafo catamarano, dove abbiamo due equipaggi campioni mondiali.
Come ripartirà lo sport dopo questo periodo che ha sconvolto la vita anche di noi cittadini? Per l’atleta è stato importante aver saputo in anticipo il rinvio dell’Olimpiade, il CIO ha fatto un buon lavoro. Il periodo sta andando per le lunghe, per un atleta di alto livello stare così lontano dallo strumento e dal mezzo sportivo è difficile: c’è la sensibilità, la specificità del gesto e del movimento, e queste cose le alleni sul campo. Considera che a quei livelli non passi mai più di una settimana senza allenarti per il tuo sport. Sarà importante una ripresa graduale anche per evitare infortuni
E tu cos’hai fatto in questa quarantena?
Giocato con il cane che non è mio, ma che vuole star con me! Mi sto allenando molto a casa, rulli, ginnastica, pilates e questo serve anche per scaricare la tensione. Sto molto al computer, preparo gli allenamenti per i miei ragazzi della giovanile. Questo periodo è stata una buona opportunità per metter assieme tutto il materiale che da tempo stavo preparando. E poi tante telefonate per discutere tutto ciò che riguarda lo sport nei prossimi mesi
Per chiudere un saluto a chi legge “Pagine di Sport”
A tutti voi mando un saluto con un’ondata di acqua salata, ho voglia di acqua salata!!
Grazie Alessandra!
Grazie a te!
Foto di copertina: https://www.lavocedinewyork.com/lifestyles/sport/2018/03/12/alessandra-sensini-la-leggenda-italiana-del-windsurf-con-4-medaglie-olimpiche/