E’ un giorno di primavera del 1989 e la storia della pallavolo italiana sta cambiando per sempre. Quel giorno viene designato il nuovo allenatore della nazionale: viene da La Plata, in Argentina e negli ultimi anni ha dominato il campionato italiano con la Panini Modena, si chiama Julio Velasco. La comunicazione a Julio la dà un giovane giornalista modenese che entrerà anche lui nella storia italiana della pallavolo per le tante pagine raccontate: si chiama Lorenzo Dallari
L’Italia viene da competizioni in cui la delusione è stata tanta: nono posto agli Europei del 1987 e nono posto ai giochi di Seul del 1988. O forse neanche è delusione, è semplicemente normalità per una squadra che dopo l’exploit dei mondiali del 1978 in cui è arrivata una medaglia d’argento non ha più avuto risultati di rilievo. Lo stesso Lucchetta dirà che quando partiva per la nazionale gli dicevano “ma dove vai che tanto perdete”. Ed è un peccato perché in Italia la pallavolo sta prendendo sempre più piede, sono gli anni delle epiche sfide tra Modena di Vullo, Cantagalli e Lucchetta e Parma di Zorzi, Giani e Bracci.
Ma con Velasco la storia cambia, quei ragazzi che prima erano normali, diventano prima più maturi, poi campioni, poi fenomeni. Si racconta che l’estate 1989 in preparazione agli Europei di Svezia fu un’estate molto dura, sia fisicamente per i duri allenamenti, sia emotivamente per il nuovo stile che Velasco portò in quella squadra: più comunicazione, più dialogo e a volte anche più conflitti. Ci sono le sessioni video in cui il tecnico argentino mostra errori , difetti, punti di miglioramento. E ci sono dati, un’infinità di dati che Angiolino Frigoni e altri due tecnici elaborano. Sta nascendo la squadra del secolo, la squadra che farà innamorare l’Italia intera.
Si va in Svezia per gli Europei. L’Italia non è favorita: c’è la solita Unione Sovietica che vince il titolo europeo dal 1967 con in campo i campioni dell’Armata Rossa Andrey Kuznetsov, Dmitry Fomin e Yury Sapegha, c’è la Svezia padrona di casa di Bengt Gustavsson e Lars Nilsson e c’è l’Olanda di Ron Zwerver e Edwin Benne.
Siamo a fine settembre, il mondo intero si sta preparando a un cambiamento epocale che cambierà per sempre la storia dell’umanità. L’Italia fa il suo esordio con la Bulgaria, una di quelle squadre dell’Est che solitamente sconfiggevano l’Italia. E il primo set è bulgaro, poi l’Italia realizza la prima di una serie infinita di recite: finisce 3-1, 10-15, 15-9 15-5 15-6. In uno strano gioco della storia e del destino i successivi incontri sono contro la Germania Ovest e contro la Germania Est: entrambi gli incontri finiscono 3-1 con parziali ancora una volta impressionanti. La quarta sfida è con la Svezia padrona di casa di fronte a un palazzetto pieno: finisce 3-0, 15-8 15-9 15-8. L’Italia di Velasco è uno spettacolo, una gioia vederla giocare, una rabbia agonistica che mai si era vista prima, gli occhi sono occhi di uomini che vogliono riscrivere la storia. L’ultimo incontro ininfluente del girone vede una sconfitta con la Francia, ma poco cambia. Carlo Lisi, addetto stampa nazionale, aveva il biglietto del ritorno a casa per il 29 settembre: dovrà posticiparlo.
C’è la semifinale, si gioca il 30 Settembre. Quel giorno 7000 tedeschi dell’Est sono autorizzati ad andare in Germania Ovest. Il primo passo verso quel muro che cadrà circa 50 giorni dopo. A Stoccolma invece si trovano Italia contro l’Olanda, una delle grandi favorite. E’ la partita perfetta, è forse la partita che cambia definitivamente la storia azzurra. Si temeva il muro olandese e così Tofoli varia continuamente gli schemi d’attacco: Zorzi e compagni attaccano con percentuali spaventose. Il risultato descrive nel modo migliore quella partita: 3-0, 15-7, 15-3, 15-2. Ogni altro commento è inutile.
Si va in finale contro la Svezia che in una semifinale epica ha sconfitto l’Unione Sovietica al quinto set. La Svezia, spinta dal proprio pubblico, parte forte e vince il primo set. Poi è solo, meravigliosamente Italia: finisce 3-1, 14-16 15-7 15-13 15-7. Finisce con la voce felice di un telecronista fiorentino di 32 anni, Jacopo Volpi.
“La riprende Bernardi, e poi c’è Tofoli, arriva Zorzi…e siamo campioni d’Europa! Non era mai successo! E’ meraviglioso”.
Jacopo Volpi
Sono nomi che emozionano e noi li vogliamo ricordare sapendo che faremo correre qualche brivido in chi legge: Andrea Anastasi, Lorenzo Bernardi, Luca Cantagalli, Ferdinando De Giorgi, Andrea Gardini, Andrea Lucchetta, Stefano Margutti, Roberto Masciarelli, Gilberto Passani, Paolo Tofoli, Andrea Zorzi. Allenatore: Julio Velasco
E’ l’inizio di una storia fantastica, ma forse quella sera nessuno lo sapeva. Forse neppure Julio Velasco, o forse lui sì, lui sapeva che quel tardo pomeriggio a Stoccolma era nata una delle storie più belle, più incredibili, più spettacolari dello sport italiano. Quel giorno, la Generazione dei Fenomeni aveva scritto la prima pagina di un libro leggendario.