RECENSIONE DI A.C.
Storie di portieri, di vecchi allenatori, di tifosi appassionati, di calcio d’altri tempi. Di questo parla «I guardiani» (66TH A2ND editrice), sesto romanzo di Marco Ballestracci, cantante e armonicista di blues, ma anche apprezzato scrittore e piacevolissimo narratore di vicende e personaggi sportivi. Prima del testo citato, ha pubblicato, tra l’altro, «A pedate. 11 eroi e 11 leggendarie partite di calcio», «La storia balorda» (con entrambi ha vinto il premio Selezione Bancarella Sport), «L’ombra del cannibale», «Imerio. Romanzo di dannate fatiche», da cui è stato tratto anche un testo teatrale, e «Il dio della bicicletta». Con «I guardiani» nel 2016 si è aggiudicato il premio CONI – Memo Geremia.
I titoli rimandano a personaggi e vicende sportive ed è vero. Ma quelli di Ballestracci non sono mai solo racconti di sport. Parte dallo sport per parlare della vita e della storia in cui essa si svolge. I suoi protagonisti, in quest’opera anzitutto dei portieri di calcio, sono personaggi che meritano di essere conosciuti e ricordati. E non solo per le loro imprese sportive.
Il primo è Jan Tomaszewski. Wembley, ottobre 1973: Inghilterra e Polonia si giocano l’accesso al mondiale tedesco. Il portiere della Polonia, «un clown vestito di giallo» ironizzano gli inglesi, con una serie di parate spettacolari regala alla Polonia la qualificazione. E l’anno successivo, nella fase finale del mondiale, lui che giocava con il numero 2 per ricordare i suoi tristi esordi da terzino destro, sarà grande protagonista del terzo posto conquistato dalla sua nazionale. Ne sa qualcosa anche l’Italia, eliminata proprio dalla Polonia già nella fase a gironi.
Seguono altri tre portieri, Bernd Trautmann, Anton Turek e Giuseppe Perucchetti, le cui vicende sportive si legano profondamente con la seconda guerra mondiale.
Bernd Trautmann era un soldato di Hitler sul fronte russo. Fatto prigioniero dagli Alleati e portato in Inghilterra, vi rimase anche dopo la fine del conflitto e riprese a giocare. Per la sua classe fu scelto dal Manchester City. I tifosi si ribellarono contro l’ex nemico che negli stadi fu accolto con insulti, ma Trautmann resistette. Diventò anzi un eroe il giorno in cui, allo stadio di Wembley nella finale di FA Cup, difese la sua porta sino alla fine (non esistevano allora le sostituzioni) nonostante tre vertebre cervicali lussate e il rischio reale di morire in campo. Fu proclamato calciatore dell’anno.
Anton Turek, tedesco anche lui, era già più di una promessa quando lo scoppio della guerra ne interruppe bruscamente la carriera. Ferito sul fronte russo, fu rimpatriato con nel cranio una scheggia di mortaio che non fu possibile rimuovere. Nonostante ciò, dopo la guerra riprese a giocare e il commissario tecnico Sepp Herberger lo volle titolare della maglia della nazionale quando la Germania fu riammessa nel mondo del calcio e sino alla vittoria nel mondiale svizzero del 1954. Un’impresa incredibile per uno che giocava con una scheggia di mortaio nel cranio.
Giuseppe Perucchetti, di Gardone Val Trompia, prima della guerra era stato portiere dell’Ambrosiana, l’Inter attuale, aveva vinto un paio di campionati ed esordito in nazionale. Quindi era passato a fare l’allenatore. Ma poi, proprio durante la guerra, fu tesserato dalla Juventus. E con la Juventus emigrata ad Alba, Perucchetti conobbe gli eccidi compiuti di nazisti. Decise allora di dare il suo contributo alla Resistenza, prima come staffetta partigiana, sfruttando le trasferte della squadra di calcio, poi nella Repubblica Partigiana di Alba. Catturato dai nazisti e condannato a morte, ebbe la condanna tramutata in 15 anni di carcere grazie ai buoni uffici della Juventus. Fu liberato dopo il 25 aprile.
Ma non ci sono solo questi quattro portieri nel libro di Ballestracci. C’è anche Natalino che, con i cugini, gioca da portiere nei campi o nel cortile di casa e si fa chiamare con i nomi dei portieri della sua squadra del cuore: Fabio Cudicini, Pierangelo Belli e William Vecchi, che così entrano nel racconto come anche Pier Luigi Pizzaballa. Poi, dopo i mondiali del 1974, Natalino diventa per tutti Tomaszewski e con questo nome d’arte attira le attenzioni degli esperti, fino a quando un incidente di gioco non gli stronca la carriera. Diventerà ortopedico, per curare come si deve chi dovesse subire incidenti simili al suo.
È un filo rosso, quello del Bambino che vuole fare il portiere, che collega tutto il testo. Ma c’è un secondo filo rosso che percorre tutto il libro: il Vecchio Allenatore, che sta dietro ognuno di questi personaggi. Sono «guardiani» i portieri, ma sono «guardiani» anche i Vecchi Allenatori (sempre con la maiuscola nel testo) che nei campi di paese o nelle serie inferiori cercano i campioni di domani. E, scopertone uno, gli indicano la strada giusta, lo seguono con consigli e lo sostengono in tutta la carriera, rimanendo sempre nell’ombra. Davvero un calcio d’altri tempi. Prima dei procuratori.
Questo scrive Marco Ballestracci, con uno stile limpido, scorrevole, avvincente, che fa venir voglia di continuare a leggere. In certi passaggi, è persino commovente. Una bella scrittura, insomma. Un testo per appassionati di sport, ma anche per chi ama la storia e la vita.