RECENSIONE DI A.C.
Il firmamento del basket illuminato da tantissime stelle di prima grandezza. È il testo «Le leggende del basket» (Diarkos Editore) di Giulio Mola, giornalista sportivo di «QN-Il Giorno», già autore di altre pregevoli opere e vincitore nel 2019 del premio giornalistico nazionale «La rosa d’oro».
Non è un’enciclopedia del basket, come premette l’autore, ma certo è una rassegna assai vasta dei campioni che hanno segnato la storia di questo sport, al di qua e al di là dell’Atlantico. Sono 41 le stelle cui sono intitolati i singoli capitoli, all’interno dei quali, però, ne compaiono tante altre in modo che il firmamento del basket ne risulta pienissimo e luminosissimo.
Inizia, il libro di Mola, con quattro personaggi che hanno segnato la storia del basket americano tra gli anni cinquanta e sessanta. Il primo è George Mikan, classe 1924, «il campione con cui la Lega professionistica americana riuscì a identificarsi nell’immediato dopoguerra». Segue Bob Cousy, figlio di immigrati francesi, «un innovatore, un genio della pallacanestro», soprannominato «Houdini of the Hardwood» per i suoi giochi di prestigio con la palla. Seguono Bill Russel, il giocatore che ha rivoluzionati il concetto di difesa, «di fatto l’inventore del basket moderno», e Wilt Chamberlain «mister 100 punti», quanti ne ha segnati in una sola partita il 2 marzo 1962.
Quattro campioni diversi: per estrazione sociale, per tipo di basket, per risultati ottenuti, ma campioni assoluti, con cui giustamente Mola apre la sua rassegna.
Seguono tutti i maggiori campioni del basket mondiale. Ci sono i grandi della Nba, da Larry Bird a Kareem Abdul-Jabbar, da Michael Jordan a Magic Johnson, da Scottie Pippen a Lebron James, per citarne qualcuno. Non può mancare, ovviamente, Kobe Bryant. Peccato il libro sia stato stampato poco prima della sua tragica scomparsa, il 26 gennaio scorso, che così non compare. Ma forse è meglio così: Kobe continua a vivere nelle nostre menti e nei nostri cuori per le sue imprese, per la magia del suo basket.
Non solo americani, però, nel libro di Mola. Ci sono anche i campioni di altre scuole cestistiche. Il brasiliano Oscar Schmidt, «la mano santa» o anche «O Rey do triplete»; il russo Sergej Belov, «unico cestista dell’ex Unione Sovietica che avrebbe potuto tranquillamente giocare in qualsiasi squadra della Nba»; il lituano Arvydas Sabonis. E ci sono i grandi di quella che era la Jugoslavia: il croato Kresimir Cosic, l’uomo che per due volte rifiutò la Nba, e poi Drazen Petrovic, Drazen Dalipagic e tanti altri.
Quattro le presenze italiane, a partire, giustamente, da Cesare Rubini, il principe del basket italiano, vincitore con l’Olimpia Milano di quindici scudetti, sei da giocatore e nove da allenatore, e della prima Coppa dei Campioni per una squadra italiana, ma anche «uno dei pochi, nella storia dello sport, ad essere entrato nella Hall of Fame di due discipline differenti, il basket e la pallanuoto». Segue Sandro Gamba, anche lui ottimo giocatore, quindi allievo e aiutante di Rubini, infine guida intelligente di Ignis Varese, Olimpia Milano e della nazionale italiana con cui conquistò l’argento olimpico a Mosca e l’oro europeo a Nantes.
Con Sandro Gamba, punti di forza di quella nazionale, la più forte e vincente nella storia del basket italiano, erano due giocatori che giustamente Giulio Mila inserisce nella sua rassegna. Il primo è Dino Meneghin, «il giocatore italiano più vincente di sempre», per molti «il più forte giocatore italiano di tutti i tempi», colonna prima dell’Ignis Varese poi dell’Olimpia Milano. Il secondo è Pierluigi Marzorati, l’ingegnere, il «Santo Palleggiatore», anima, cuore, mente ed eleganza della Pallacanestro Cantù, ma anche il giocatore con il record di presenze in nazionale (277).
A ben vedere, però, la pattuglia italiana non si esaurisce qui. Ci sono i tanti campioni stranieri che in Italia hanno giocato: Cosic, Schmidt, Delipagic, Abdul Rauf, Conrad McRae, per citarne qualcuno. Anche Kobe Bryant può essere inserito nella pattuglia italiana, perché proprio in Italia, seguendo il padre, discreto cestista, si è appassionato al basket. Ma italiano a tutti gli effetti è Dan Peterson che come allenatore, prima a Bologna poi a Milano, ha dato un salutare scossone al nostro basket e come cronista televisivo ha fatto conoscere e gustare il basket Nba.
Storie di campioni, dunque, con i loro successi, le loro difficoltà, le loro gioie e delusioni. E storie di uomini, con le loro virtù e i loro vizi ed errori, talvolta esemplari in campo e fuori, durante e dopo la carriera sportiva, altre volte piuttosto disinvolti, se non addirittura ai margini della legalità. Belle storie, comunque. Storie interessanti. Da leggere e gustare.