3 novembre 1985, stadio San Paolo di Napoli: è il giorno di Napoli-Juventus. La Juve di Trapattoni ha iniziato il campionato con otto vittorie consecutive e pare lanciata verso il titolo (che vincerà anche grazie al suicidio della Roma con il Lecce, ma questa è un’altra storia). Il Napoli ha avuto un inizio incerto e viene da una sconfitta a Torino.
Quel giorno a Napoli Giove Pluvio ha scatenato sulla città tanta pioggia rendendo ancora più divino quel pomeriggio. Lo stadio è pieno, tra maglie azzurre e ombrelli. Il primo tempo finisce 0-0 con il Napoli di Bianchi che contiene la corazzata bianconero.
Poi dopo 25 minuti del secondo tempo il calcio lascia spazio a qualcosa di surreale, qualcosa di impossibile, qualcosa che non si è più visto. C‘è una punizione a due dentro l’area di rigore: la distanza è circa 11 metri, ma in diagonale. 11 metri, come un rigore, ma con sei uomini della Juve in barriera. Fare gol è impossibile, anzi forse è possibile con qualche deviazione. O forse è possibile se in campo c’è Diego Armando Maradona. E così Eraldo Pecci tocca il pallone e Maradona calcia la punizione più bella della storia del calcio. La palla si alza, va sopra la barriera, e poi scende dolcemente andando a finire sotto l’incrocio dei pali. Tacconi guarda esterrefatto: è gol. Napoli-Juve 1-0. E il San Paolo esplode in un urlo che a Napoli ancora ricordano. Maradona corre verso la bandierina, tutti corrono verso di lui, qualcuno cade nella pista di atletica piena d’acqua.
È un gol irreale, impossibile, indimenticabile. Chi lo ha visto non lo scorderà mai. Addio Diego, ricordando quella magia del 3 novembre 1985, il giorno della punizione di Dio.