Parigi, 28 gennaio 2001. 5000 italiani sono in tribuna all’ippodromo di Vincennes, calorosi e festanti con i tricolori al vento. Alla carbonella di Vincennes è il giorno del Grand Prix d’Amerique, la corsa più attesa del panorama dell’ippica. L’ippica spesso è scommesse e gioco, ma alcuni cavalli hanno scritto la storia di questo sport per la loro eleganza, per la loro forza e per le loro vittorie. Uno di questi quel giorno è il favorito della gara: è Varenne. Varenne è già mito, è già forse il trottatore più forti di tutti i tempi.
Il figlio di Ialmaz e Waikiki Beach ha esordito nel 1998 impressionando il pubblico per la sua magnifica eleganza. Poi sono arrivate le vittorie continue in un binomio unico con Giampaolo Minnucci. Ma per esser leggenda devi vincere l’Amerique, a Parigi, la patria del trotto. Quella Parigi che ha dato il nome al cavallo: fu Sandro Viani, l’allevatore ha chiamarlo cosi il 19 maggio 1995 perchè amava Parigi, e Rue de Varenne è la via dell’ambasciata italiana a Parigi. Varenne ha già corso l’Amerique l’anno precedente ma è stato penalizzato da diverse false partenze ed è giunto terzo.
Quel 28 gennaio 2001 invece Giampaolo Minnucci è sicuro di vincere e lo sono anche quei cinquemila italiani che hanno invaso Parigi nella speranza di rivivere l’epopea di Mistero, l’ultimo italiano che vinse l’Amerique nel 1947. E Varenne non delude, la sua dimostrazione di superiorità è immensa. Una falsa partenza poi via e Varenne è subito davanti. Davanti dal primo metro, davanti fino all’ultimo metro come i veri dominatori: una gara che celebra la grandezza di questo cavallo diventato mito in Italia e diventato ovviamente anche grande business. Il tempo è 1’13″7. Al secondo posto la francese Fan Idole, al terzo il grande sconfitto General Du Pommeau. Primo un italiano, secondi e terzi i francesi, in Francia, nella patria del trotto, nella leggendaria carbonella di Vincennes.
E si emoziona anche Claudio Icardi che ci racconta in Rai la gara di Vincennes.Impressiona durante l’ultimo rettilineo lo sbandierare di tricolori: è come esser in Italia. Non è ippica quel giorno, è qualcosa di più. Lo stesso sventolio di bandiere quando Minnucci, emozionato, canta l’inno italiano accanto ad Alain Delon, un amante del mondo dell’ippica.
In quel 2001 Varenne riscriverà la storia dell’ippica: vincerà, anzi dominerà, il Lotteria e l’Elitloppet. E poi chiuderà con il clamoroso trionfo del Breeders Crown in cui con 1’09″1 Varenne realizzerà il record del mondo sul miglio. Storia di un cavallo che è diventato mito e leggenda dello sport, storia di un cavallo che ha portato il nome dell’Italia nel mondo in quegli anni tra il vecchio e il nuovo millennio. E anche storia di un fantino, quel Giampaolo Minnucci capace di creare con Varenne la relazione perfetta. Il mito Varenne