Una cerimonia diversa, più silenziosa, più intima, una cerimonia surreale se paragonata a ciò a cui eravamo abituati.
Ma una cerimonia che ci ricorderemo per sempre perchè simbolo di una ripartenza sofferta, difficile, triste. E’ Tokyo 2020: i giochi sono dichiarati aperti.
E nonostante il silenzio quei simboli olimpici che sempre fanno provare brividi: la sfilata delle squadre, la bandiera di chi ospita i Giochi, “Imagine” di John Lennon, i discorsi di Bach e dell’Imperatore, la bandiera a cinque cerchi e l’inno olimpico e infine quel magico protagonista che aleggia nelle menti di ogni bambino che fa sport, il fuoco di Olimpia.
Se c’è un simbolo che più di tutti rappresenta tutti i valori dello sport e della vita, questo è il fuoco e quel momento che ogni quattro anni riscalda il cuore del mondo. Ed è bello che questo onore unico al mondo sia stato riservato a un’atleta simbolo di un mondo di integrazione: Naomi Osaka, la tennista numero due al mondo.
Naomi figlia di un padre originario di Haiti e di una madre giapponese che si sono conosciuti a New York, la città più cosmopolita al mondo. Poi il Giappone e la città di Osaka dove Naomi nasce con il cognome di mamma perchè è meglio avere il cognome giapponese. Ma Naomi continua a sentire forte le sue radici haitiane in una storia che ricorda unpò quella di Cathy Freeman a Sydney 2000.
Naomi inizia a giocare ben presto a tennis spinta dal padre e il tennis diventerà la sua vita. Lei che aveva come idoli le sorelle Williams, cresce sempre di più e nel 2018 vince il primo slam a New York, proprio contro Serena Williams, in un cerchio che si chiude a Flushing Meadows. Poi nel 2019 arriva anche l’Australian Open contro Kvitova e il raggiungimento del numero 1 al mondo.
Poi arriva la pandemia e la crisi del mondo da cui Naomi ne esce ancora forte andando a vincere gli US Open 2020 e l’Australian Open 2021 sconfiggendo in finale la Brady dopo aver eliminato ancora una volta la Williams.
Una carriera di una campionessa, ma anche di una donna che ha saputo soffrire situazione difficili, come la depressione che l’ha colpita nel 2018. Ma lei, nonostante il suo essere timida e introversa, l’ha superata tornando ad esser più forte di prima.
Ed è bello che sia stata lei ad accendere quel simbolo magico, quel fuoco acceso dalle sacerdotesse di Era nella sacra Olimpia.
Ora il fuoco arde, il fuoco della rinascita, il fuoco della vita, ma anche il fuoco di qualcosa che non dobbiamo dimenticare perchè in questi 18 mesi troppe persone sono state private della vita e quel fuoco è anche per loro e per tutte le sofferenze di questi mesi.
E’ il 23 Luglio 2021, èlo stadio Olimpico di Tokyo, vuoto in modo surreale, ma pieno del cuore del mondo, è Naomi Osaka, è il fuoco di Olimpia, è finalmente Tokyo 2020, i giochi della XXXII Olimpiade