Tre giorni fa si sono conclusi i giochi della XXXI Olimpiade, ma ancora nella nostra mente ci sono i ricordi di 17 giorni di emozioni, passione, colori e notti insonne.
E’ stata un’Olimpiade magica, sicuramente irripetibile. Perchè è stata l’Olimpiade della ripartenza dopo 18 mesi di paura, angoscia, timore: mancava il pubblico con la sua magia, però quel pubblico era incollato davanti alla TV. Perchè è stata l’Olimpiade dell’Italia con 40 medaglie e 40 sogni diventati realtà. Perchè è stata l’Olimpiade di tante storie, da conoscere e un giorno raccontare ai propri figli o nipoti come esempi di sport e di vita.
E come ad ogni edizione dei giochi Olimpici, quando quella fiaccola si spegne, si entra in un periodo di tristezza, per qualcosa che c’è stato, che è stato vissuto e che non sarà più. Vale per gli atleti, ma vale per tutti coloro che amano lo sport e che vedono in quei cinque cerchi la massima celebrazione dell’umanità.
L’Olimpiade è magia. E non è una retorica, è la verità. Pensate che è un viaggio iniziato 2797 anni fa, pensate a quel fuoco acceso dalle sacerdotesse di Era nella piana di Olimpia, nel cuore del Peloponneso; pensate a quella bandiera così semplice ma dal significato enorme in cui 5 cerchi che rappresentano i continenti sono legati gli uni agli altri.
E pensate agli atleti, ai loro sacrifici, alle loro rinunce, a quei 4 anni lunghi anni in cui un sogno viene coltivato giorno per giorno, ora per ora. E pensate a quegli atleti abituati al basket NBA, al tennis a Wimbledon o al Real Madrid, che di fronte ai Giochi si emozionano e mettono tutto per vincere e che ai Giochi vivono sotto lo stesso tetto dello sconosciuto atleta dello staterello dell’Oceania. L’Olimpiade annulla le distanza. Ecco perchè l’Olimpiade è magia, ecco perché quando arriva l’Olimpiade diventiamo tutti quei bambini sognanti davanti alla televisione.
E anche Tokyo 2020 è stata magia, nelle sue storie italiane ma anche nelle tante storie olimpiche raccontate. Mai dimenticheremo quella domenica pomeriggio con Tamberi e Jacobs che ha cambiato la storia dell’Olimpiade, ma anche la storia dello sport e forse la storia d’Italia. O mai dimenticheremo l’esercizio del giapponese Kiyuna nel kata, specialità karatè, che ha fatto impazzire un paese intero. Ma credetemi, le storie sono tante e citarle tutte sarebbe impossibile.
L’Olimpiade che si chiude, la fiaccola che si spegne è un momento di triste solennità, ma mai come quest’anno è l’inizio di una nuova speranza. La speranza di un mondo senza paura e senza l’angoscia della pandemia: Sognamo una Parigi 2024 con gli stadi e i palazzetti pieni. La speranza di uno sport messaggero di pace e uguaglianza nel mondo intero e la speranza, guardando a casa nostra di un’Italia sempre più bella e vincente dopo un’estate sportivamente indimenticabile.
E poi la speranza per tutti di partecipare e magari vincere un’Olimpiade. Speranza per il bambino che inizia a far le prime corse o a dare i primi calci a un pallone; speranza per un atleta che inizia ad esser consapevole di esser forte; speranza per un campione per raggiungere gli Dei dell’Olimpo sportivo; speranza per genitori, nonni, amici e parenti di vedere il proprio figlio, nipote o amico ascoltare il proprio inno sotto il fuoco di Olimpia.
Forse queste speranze sono sogni per molti impossibili. Ma era un sogno impossibile anche l’idea visionaria di un francese che 130 anni fa circa voleva riportare nel mondo il mito dei giochi Olimpici dell’antichità. E invece quell’idea visionaria è diventata con il tempo la più bella celebrazione dell’umanità. E noi ringrazieremo per sempre quell’uomo: il suo nome è Pierre Fredy De Coubertin.
E allora ありがとう-東京 – ARIGATO TOKYO! Ci vediamo con tutto il mondo a Parigi 2024 (e prima a Pechino 2022)