Quando il 7 Febbraio 1936 il fondista Wilhelm Bogner effettua il giuramento olimpico e quando si accende il braciere olimpico di Garmisch Partenkirchen (il primo nei Giochi Invernali) inizia l’anno olimpico della Germania, un anno dai tanti significati storici, sportivi e politici. Lo sport in Germania sta assumendo sempre maggiore importanza e sta diventando anche un modo per fare propaganda a quello che sarà. Come a Berlino qualche mese dopo, c’è la regista Leni Riefenstahl incaricata di filmare la storia dei Giochi con le sue emozioni e le sue imprese, capolavori cinematografici da non perdere.
L’ultimo giorno di gare dei Giochi è il 16 Febbraio, è domenica. Quel giorno all’Olympiaschanze si disputa la finale del salto con gli sci: una bella giornata di sole con un pubblico impressionante (circa 150mila persone) per vedere la magia dei saltatori. Il favorito della gara è norvegese e si chiama Birger Ruud e la sua è la storia di un fenomeno dello sport, un predestinato, una leggenda olimpica.
Birger nasce a Kongsberg, in Norvegia nel 1911. E’ il secondo di tre fratelli, tutti grandi saltatori, tutti saranno campioni del mondo. Ma fra i tre, il più forte, il più dotato, quello con lo stile che fa innamorare gli appassionati è Birger. Ha solo 20 anni, quando nel 1931 a Oberhof, vince il primo titolo mondiale. Poi nel 1932 spicca il volo nel cielo di Lake Placid e vince il suo primo oro olimpico, il coronamento del sogno da bambino quando saltava e sciava nei boschi norvegesi. Birger è un fenomeno nel salto con gli sci, ma è un atleta eccezionale per la sua polivalenza: e così nel 1935 vince il bronzo in combinata ai mondiali di Sci Alpino e l’oro nel salto ai mondiali di Sci nordico. Semplicemente incredibile.
E con la storia torniamo a quella domenica di Febbraio e al trampolino olimpico di Garmisch Partenkirchen. Birger ha la rabbia per la medaglia mancata nella combinata di sci alpino: in quella gara ha vinto la discesa con un distacco abissale ma nello slalom ha saltato una porta e subito una penalità che lo ha portato al quarto posto. Ma il salto è un’altra cosa: il salto è casa sua. La finale è splendida con una lotta sul filo dei punti tra norvegesi e svedesi. Dopo il primo salto (la gara si disputa in due salti) Ruud ha 114,9 ed è secondo dietro allo svedese Eriksson che guida con 115,5 in virtù di un salto più lungo. Quando Ruud si avvia al secondo salto tutto il pubblico di Garmisch attende il capolavoro necessario a raggiungere quella doppietta olimpica dopo Lake Placid: e Birger Ruud non li delude. E’ un salto a 74m5, più breve del primo, ma lo stile è perfetto, è poesia e i giudici lo premiano con punteggi altissimi. Ruud supera Eriksson e mette al collo il secondo oro olimpico della sua carriera. Birger Ruud chiude con 232,0 davanti allo svedese Sven Eriksson con 230,3 e all’altro norvegese Reidar Andersen con 228,9. E’ trionfo e storia olimpica.
Con il mondo che entra nella follia della guerra sembra finire anche la carriera di Ruud che dopo l’entrata dei tedeschi in Norvegia e il suo schierarsi apertamente contro gli invasori, viene squalificato. Viene anche internato in un campo di concentramento, ma poi la guerra finisce, e Birger Ruud torna a fare quello che ama fare: saltare e sciare. E così va a Saint Moritz 1948 per la sua terza Olimpiade: ci va come assistente dell’allenatore. Ma è ancora il più forte, è ancora colui che salta meglio, non ha perso la sua poesia nel volo e così viene deciso che sarà lui a partecipare alla finale Olimpica. Sono passati 12 anni da Garmisch e Birger ottiene un’incredibile medaglia d’argento, dopo la guerra, dopo il campo di concentramento, dopo una storia pazzesca di sport.
Birger morirà nel 1998, ma le sue imprese no, quelle rimangono nel grande libro dello sport. La storia di uno splendido oro ai giochi invernali di Garmisch Partenkirchen, la storia di un meraviglioso Birger Ruud
Foto: B.Johannes, Norsk Bergverksmuseum