Recensione di A.C., Professore di Lettere e Letteratura Italiana e Latina e grande appassionato di sport
C’era una volta la RAI TV. Che trasmetteva, in chiaro, un po’ di tutto. Anzi: poco di tutto. Non fosse altro perché disponeva di pochi canali: prima uno, poi al massimo tre.
In questa situazione, lo spazio dedicato allo sport era necessariamente limitato. Anche se non mancavano programmi di eccellente livello, come, per fare due esempi, la Domenica Sportiva o il Processo alla tappa inventato da Sergio Zavoli. Ma lo spazio complessivo dedicato allo sport era comunque limitato e, in ogni caso, lo spettatore non poteva scegliere.
Così è stato sino alla fine degli anni settanta del secolo scorso. Poi è iniziata la rivoluzione che, in cinquant’anni ha cambiato tutto: tecnologia, linguaggio, spazi, interessi, orari. Oggi l’offerta di sport in TV è davvero enorme. Un po’ in chiaro e gratis (a parte il canone RAI), molto di più a pagamento. Ma non c’è solo la TV tradizionale. Lo sport si può seguire in streaming sulle smart TV, sul PC, sul tablet, sullo smartphone.
Una vera rivoluzione, che il giornalista Simone Salvador, laurea in legge e master in Sport Business, esamina con attenzione nella nuova edizione, aggiornata al dicembre 2021, di «Decoder. Storia decriptata della Pay-Tv sportiva in Italia», edito da Sport in Media.
Questa rubrica è dedicata alle recensioni di libri sportivi e, sino ad ora, abbiamo parlato di campioni e di storie legate allo sport. Questo libro, a prima vista, potrebbe sembrare un po’ estraneo alla nostra rubrica, invece esso è quanto mai importante perché sport e Tv sono sempre più due elementi inscindibili. Se, da un lato, la televisione condiziona orari e persino modalità di molte manifestazioni sportive, dall’altro molti sport, il calcio prima di tutti, ma anche i grandi eventi come le Olimpiadi, si reggono in gran parte proprio sui proventi dei diritti televisivi. Se venisse improvvisamente a mancare il sostegno della Tv, molti sport finirebbero semplicemente in bancarotta. Per questo ci sembra utile presentare «Decoder». Conoscere la storia, il peso e le difficoltà delle Pay-Tv e ragionare sul loro futuro crediamo possa interessare a chi ama lo sport e desidera seguirlo anche da remoto oltre che dal vivo.
Simone Salvador nel suo excursus parte, appunto, dalla fine degli anni settanta, quando il monopolio della RAI venne messo improvvisamente in crisi dall’apparire delle prime televisioni private, chiamate anche libere o commerciali: qualche esperimento di Tv via cavo, spentosi rapidamente, qualche Tv privata locale, ma soprattutto l’arrivo di grandi editori, su tutti Silvio Berlusconi con la sua Fininvest, capace di assorbire in poco tempo, in aggiunta al suo Canale 5, anche le Tv di Mondadori (Rete 4) e di Rusconi (Italia 1).
La ricostruzione di Salvador è documentata e rigorosa. Descrive con precisione i vari interessi in campo, le strategie industriali per acquisire spazi e consenso, i fallimenti di qualche imprenditore e i successi di altri. Ci sono alcune costanti nella vicenda delle Pay-Tv italiane: un certo ritardo tecnologico, le incertezze della politica, attenta a favorire qualche concorrente o ad ostacolarne un altro più che a prospettare uno sviluppo intelligente del settore, la difficoltà degli operatori a raggiungere un sufficiente numero di abbonati, sia per la difficoltà di rompere la tradizione delle Tv in chiaro, sia anche per l’enorme dimensione della pirateria che ha sempre colpito, e continua a colpire, lo sviluppo del settore.
Ritornando alla storia del mondo delle Tv, dopo la sfida tra RAI e Mediaset per trasmettere lo sport in chiaro, un’altra sfida è stata quella per trasmettere lo sport a pagamento, acquisendone i diritti. Una sfida lunghissima, partita negli anni ottanta, protrattasi sino ad oggi e destinata, con ogni probabilità, a caratterizzare anche gli anni a venire.
Leggendo il testo di Salvador, chi ha l’età per aver vissuto quegli anni, ritrova nomi che probabilmente aveva dimenticato, come Telepiù e Stream, che, pur con molte difficoltà, hanno dominato il mondo delle trasmissioni sportive a pagamento per diversi anni, ma anche esperimenti di minor durata come Gioco Calcio, La7-Cartapiù, Dahlia Tv, Conto Tv, per non dire delle Tv transfrontaliere come Tele Capodistria e tele Montecarlo.
Nel nuovo secolo, lo scontro è stato anzitutto tra Sky di Murdoch e Mediaset Premium del Gruppo di Cologno Monzese. Una sfida giocata soprattutto sui diritti calcistici: per il campionato e per la Champions League. Una sfida vinta da Murdoch, tanto che Mediaset Premium ha dovuto chiudere i battenti. Una conclusione che ha dato ragione a chi da sempre sostiene che in Italia non c’è spazio per due piattaforme di Pay-Tv.
Negli ultimi anni, a partire dal campionato di calcio 201-2019, è entrata in campo prepotentemente anche Dazn che però non trasmette né via digitale terrestre (con l’eccezione delle cosiddette zone bianche), come faceva Premium, né via stellite, come usa Sky, ma via Internet. Una novità assoluta per l’Italia, accolta inizialmente con molte perplessità, anche per la scarsa diffusione della banda larga, ma ormai impostasi tanto da aver acquisito i diritti del campionato di calcio per il triennio 2021-2024, lasciando solo alcune partite condivise con Sky. Quanto alla Champions League, mentre Mediaset ha acquisito i diritti per una partita in chiaro al martedì, sono tre gli operatori che si spartiscono i diritti criptati: Sky, Mediaset Infinity, e Amazon Prime Video. Una diversificazione che magari non piace molto agli utenti più tradizionali, ma che consente agli appassionati di seguire gli eventi non solo con la televisione domestica, ma anche con più moderni devices.
Questo per il calcio. Per gli altri sport il panorama è molto simile. Automobilismo e motociclismo sono quasi solo a pagamento; lo stesso si può dire per il tennis. Anche grandi eventi sportivi sono stati acquistati da canali a pagamento, che poi li rivendono in parte anche agli altri operatori. Discovery, ad esempio, si è aggiudicata i diritti per le Olimpiadi da quelle di Tokyo 2020 sino a Parigi 2024.
Di tutto questo parla il bel libro di Simone Salvador, che alla fine del suo excursus storico aggiunge alcuni «contenuti extra». Il primo, firmato dallo stesso Salvador, è una analisi del linguaggio delle telecronache nelle Pay-Tv. Il secondo, di Massimiliano Ambesi, ragiona sul futuro dello sport in televisione. Segue un racconto di Antonio Raimondi della sua esperienza ai Giochi di Tokyo trasmessi da Discovery. Quindi Roberto Gotta esamina la presenza dello sport USA nella Pay-Tv italiana. Chiude la serie dei «contenuti extra» una riflessione sul basket tra Pay-Tv e Streaming.
Un libro molto ricco, dunque, quello di Simone Salvador. Un libro che analizza il passato e il presente, ma con uno sguardo attento sul prossimo futuro. Questa la sua previsione: «Il futuro dello sport video-televisivo a pagamento sarà caratterizzato da un ulteriore frazionamento delle offerte»,ma nello stesso tempo continuerà ad essere presente lo sport in chiaro sia sui canali generalisti(RAI, Mediaset e La7), sia sui canali in chiaro delle Pay-Tv come Sky e Discovery, rispettivamente TV8 e Nove «non solo e non tanto per gli obblighi di legge, quanto per la centralità che lo sport riveste ancor oggi a livello di interesse, ascolti e ritorno pubblicitario.