E’ il 1998 e le Olimpiadi, 26 anni dopo Sapporo, tornano in Giappone. C’era anche Aosta candidata a quei giochi, seppur senza grosse speranze. Nagano non è città di montagna ma l’organizzazione è perfetta. E’ altrettanto vero però che non c’è il calore della gente giapponese (forse anche minore di Sapporo 1972) e che il paragone con la magia di Lillehammer è penalizzante. E neppure il clima aiuta i Giochi: c’è molta neve, molti rinvii e spostamenti, non è facile per gli organizzatori.
Il 7 febbraio 1998, con il giuramento del saltatore Kenji Ogiwara e l’accensione del fuoco della pattinatrice Midori Ito che fu argento ad Albertville, si aprono i giochi con oltre 2000 partecipanti per un evento sempre più seguito e sempre più planetario. Anche qui tante meravigliose storie: come quella di Bjorn Daehlie che vince altre tre medaglie d’oro o quella di Kazuyoshi Funaki che vince l’oro nel K120 o come quella di Hermann MAier che dopo una paurosa caduta in discesa, realizza la doppietta Gigante – SuperG.
Ma la storia di questi giochi per noi arriva dalla Valtellina e porta il nome di Deborah Compagnoni. Quella Deborah che esordisce in Coppa del Mondo nel 1987 tra mille sogni e promesse ma che nel 1988 subisce il primo infortunio pesante della sua carriera con la rottura del ginocchio destro. Quella Deborah che arriva in gran forma ad Albertville e nel SuperG vince un oro clamoroso distanziando la rivale Carole Merle di 1″41 nello stesso giorno in cui Alberto Tomba vince il Gigante. Quella Deborah che il giorno dopo durante lo slalom gigante cade e e grida al mondo il suo dolore: il ginocchio è spezzato e forse anche la sua carriera.
Ma quella Deborah due anni dopo è a Lillehammer. E nello slalom gigante non c’è storia: Martina Ertl e Vreni Schneider subiscono ritardi oltre il secondo. E’ oro, il secondo della sua carriera.
E con la storia torniamo a Nagano. Deborah ha già vinto una splendida medaglia d’argento in slalom anche se quei 6 centesimi di distacco le fanno male. E’ il 20 Febbraio, è la pista Mount Higashidate di Shigakogen: Deborah vuole confermare il titolo olimpico ed anche il titolo mondiale vinto l’anno prima al Sestriere. Se cercate una gara perfetta, senza sbavature, una gara che rasenta la grande bellezza, guardatevi Deborah Compagnoni a Nagano 1998. Scende con il numero 4 e aggredisce le porte con classe, eleganza, forza: guardare Debora nella neve giapponese è uno spettacolo. Chiude con il tempo di 1’18″94: al secondo posto c’è la francese Duvillard a 0″94, al terzo la norvegese Flemmen a 1″10. Le altre favorite sono tutte ancora più indietro.
La seconda manche ti aspetti il controllo di Deborah. E invece è ancora uno show, è ancora una manche perfetta. Deborah realizza il miglior tempo anche nella seconda manche. E’ oro con distacchi siderali per una finale olimpica: Alexandra Meissnitzer è seconda a 1″80, Katja Seizinger terza a 2″02. E’ il terzo oro di Deborah, è il terzo oro con distacchi clamorosi: una prova di forza pazzesca. Deborah Compagnoni ora è nella leggenda di questo sport e chissà, senza infortuni, cosa avrebbe potuto fare nella sua strepitosa carriera. Nagano 1998 è la consacrazione finale di una campionessa infinita capace di vincere tre ori in tre edizioni diverse dei Giochi Olimpici, capace di dominare le avversarie con dimostrazioni di forza paurose, capace di superare quegli infortuni che avrebbe interrotto la carriera di chiunque: non la sua, perchè lei voleva scrivere la storia dello sport, e lo ha fatto.
E’ il 20 Febbraio, è Nagano Olimpica 1998, è il terzo oro di Deborah Compagnoni, come nelle storie più belle.