L’11 Settembre 2001 due aerei si schiantano sulle Torri Gemelle di New York: il mondo è destinato a cambiare per sempre. Pochi mesi dopo negli Stati Uniti è tempo di Olimpiadi: sono Olimpiadi blindatissime, sono le Olimpiadi della paura. C’è emozione quando allo stadio di Salt Lake City, nello Utah, entra una bandiera recuperata da Ground Zero: è il momento del ricordo, della commozione, ma anche della ripartenza del mondo. E l’Olimpiade vuole celebrare anche quel mondo che riparte: è il Presidente Bush ad aprire i Giochi, è Jim Shea a leggere il giuramento Olimpico, è la nazionale di hockey del 1980 ad accendere il Fuoco Sacro di Olimpia. Quel Fuoco che è dentro il cuore dei Giochi di salt Lake: il motto è “Accendi il tuo fuoco dentro”.
Ci si aspetta un’edizione dei giochi silenziosa e in tono minore, ma alla fine la bellezza dei Cinque cerchi è sempre eterna e l’8 febbraio iniziano i sogni olimpici dei 2399 partecipanti. E come sempre i protagonisti e le storie sono tante: come quella di Janica Kostelic che vince tre ori nello sci o di Simon Ammann che fa doppietta nel salto, come quella di Jim Shea che vince lo skeleton o come quella di Steven Bradbury, di cui troppo spesso si parla della fortuna di quel giorno nella finale dello short track, ma troppo poco si parla delle sue tante sfortune in carriera.
Ma la storia di questi giochi parla di biathlon e inizia nel 1974 a Simostranda , in Norvegia: è la storia di una leggenda vivente, è la storia di Ole Einar Bjoerndalen. Bjoerndalen inizia a praticare biathlon a 9 anni e da subito fa vedere il suo valore. In casa Bjoerndalen il biathlon è sport di famiglia: i fratelli Dag e Hans Anton sono anch’essi nazionali norvegesi. Intanto nel 1993 fa il suo esordio in Coppa del Mondo, nel 1996 vince la sua prima gara ad Anterselva e nel 1998 vince il suo primo oro olimpico a Nagano.
E da lì inizia una meravigliosa storia di sport, di quelle che raccontano fatica, sacrificio, passione, abilità e tanto spirito competitivo, quello che ti porta a non mollare mai e ad esserci sempre. Le prove generali dei Giochi sono nel 2001: e a Soldier Hollow nella pista olimpica vince tre gare. Nel 2001 vince anche la Coppa di Sprint poi la sua focalizzazione ha un solo nome: Salt Lake City 2002.
E queste sono le tappe della sua leggendaria Olimpiade.
11 Febbraio: 20Km individuale. Bjoerndalen è il primo dei favoriti a partire e il suo tempo negli sci è fin da subito il migliore. Alla seconda e alla terza serie di tiri però arrivano due errori che mettono in gioco Ricco Gross e Viktor Miagourov. All’ultima serie il norvegese non sbaglia e può volare verso il primo oro di qualcosa che sarà eccezionale. Secondo è Gross, terzo Miagourov
13 Febbraio: 10km Sprint. Bjoerndalen è il favorito e questa volta parte tra gli ultimi. Dopo la prima serie, seppur senza errori, Ole Einar è al quarto posto. La seconda serie è quella decisiva, quella dove la tensione può giocare scherzi pesanti: sbagliano Fischer e Gross. Quando arriva Bjoerndalen, sa che non deve sbagliare: e i campioni, nei momenti decisivi, non sbagliano. Esce dalla seconda serie in testa e vola verso il secondo oro davanti a Fischer e Perner. E gli ori sono due.
16 Febbraio: 12,5Km inseguimento. E’ la prima volta di questa competizione ai Giochi: si parte con l’ordine di arrivo della Sprint. Alla prima serie però Bjoerndalen sbaglia un bersaglio e la gara sembra potersi aprire soprattutto perchè da dietro si sta avvicinando il francese Poirèe. Alla seconda e terza serie però il norvegese non sbaglia e si avvia verso la clamorosa tripletta. Può permettersi un errore all’ultima serie di tiri perchè il vantaggio ormai è ampio e sicuro. Bjoerndalen chiude con 43 secondi su Poirèe e 56 su Gross. Ancora oro, e sono tre.
20 Febbraio: Staffetta 4x10km. I norvegesi sono i più forti ma l’errore iniziale di Hanevold porta davanti la Russia dopo la prima frazione. Ma già dalla seconda la storia torna dalla parte norvegese: Andresen porta avanti i suoi, Gjelland aumenta il divario e alla fine Bjoerndalen, nonostante tre errori, controlla senza problemi Germania e Francia. E’ oro Norvegia, è leggenda Bjoerndalen.
Non finirà a Salt Lake City la storia del fenomeno norvegese: vincerà altri ori a Vancouver e Sochi e chiuderà la carriera olimpica con 13 medaglie, di cui 8 d’oro. A queste vanno aggiunte 45 medaglie mondiali: numeri di un’autentica leggenda dello sport. Ed è giusto che una leggenda di questo calibro venga da quella magica terra per gli sport invernali e per il biathlon: è proprio in quella terra che nel 1767 si disputarono gare tra soldati in cui si sciava e si tirava, ed è sempre in Norvegia che nel 1912 si svolse una gara simile al biathlon di oggi.
E’ la bellezza del biathlon che unisce i paesaggi del fondo alla precisione al tiro e che contempla un continuo susseguirsi di emozione e tensione. E in questo sport Ole Einar Bjoerndalen è stato il numero uno: veloce negli sci (competitivo anche nello sci di fondo dove ha vinto una gara nel 2006), preciso al tiro e con una fame di vittoria e di competizione unica. E poi la mente, il sacrificio, la propensione all’allenamento: tutto ciò che ha reso Ole Einar un campione immortale, un campione che rimarrà per sempre.E’ Salt Lake City 2002, è Soldier Hollow, è la strepitosa Olimpiade di Ole Einar Bjoerndalen: quattro gare e quattro ori, come lui nessuno mai.
Foto di copertina: olympics.nbcsports.com/2014/02/09/ole-einar-bjoerndalen-boring-biathlete-also-greatest-unknown-olympian/