E’ il 2002 quando viene decisa la sede dei Giochi 2010: è Vancouver, in Canada. I giochi tornano nella terra della foglia d’acero 22 anni dopo Calgary, l’Olimpiade di Alberto Tomba. Come negli anni precedenti la sede Olimpica è una città (in questo caso vicino al mare) con le gare sugli sci che si svolgono in montagne non sempre vicine alla capitale Olimpica. Non sono Giochi che nascono sotto la buona luce: durante le prove dello slittino, pochi giorni prima della Cerimonia Inaugurale, muore in prova uscendo di pista il georgiano Kumaritashvili. Lo choc nel mondo olimpico è tanto: il ragazzo ha trovato la morte a poche ora dal raggiungimento del suo sogno. Ma lo spettacolo deve andare avanti e il 12 Febbraio Hayley Wickenheiser, giocatrice di hockey legge il giuramento olimpico e Wayne Gretsky, leggenda senza tempo dell’hockey canadese accende il fuoco. I giochi hanno inizio.
Non c’è tanta Italia ai Giochi canadesi, ma come sempre ci sono tante splendide storie di sport: come Marit Bjoergen e Petter Northug che dominano lo sci di fondo, come Bode Miller che finalmente vince il suo oro Olimpico, come Simon Ammann che come nel 2002 fa doppietta nel salto.
Ma la storia dei Giochi di Vancouver, non può non parlare di hockey, lo sport nazionale del Canada, lo sport per il quale il Canada si ferma, lo sport che è tradizione, religione, cultura. Ogni canadese sa che la sua nazionale deve vincere quell’oro ed ogni canadese sa che se vinci quell’oro contro gli Stati Uniti, è ancora più bello. La finale Olimpica di Vancouver 2010 è il regalo più bello per tutti gli appassionati: al Canada Hockey Place si sfidano Canada e Stati Uniti.
Le bandiere con la foglia d’acero sono ovunque nella città, l’attesa è appassionata e spasmodica. Sono in 18mila allo stadio, sono in 10 milioni in tutto il paese. E l’evento ha inizio, un evento destinato a entrare nella storia della sport. Dopo 12 minuti e 50 secondi di equilibrio Mike Richards serve un assist a Jonathan Toews: è 1-0 per l’esplosione di uno stadio impazzito.
Si va così al secondo tempo, forse uno dei più belli mai raccontato: è Corey Perry a portare i canadesi sul 2-0 portando il sogno olimpico più vicino. Passano cinque minuti e Ryan Kesler dimezza lo svantaggio statunitense: 2-1 a fine secondo tempo. Un secondo tempo ricco di occasioni, emozioni, tensione, un inno allo sport, un inno per l’hockey su ghiaccio.
Il terzo tempo il Canada si chiude per difendere quel vantaggio che significa gloria olimpica. Negli ultimi minuti sono così gli statunitensi a gettarsi all’attacco disperatamente, in cerca di un nuovo “Miracle on ice”. E lo trovano a 24 secondi dal termine: tiro di Kane, deviazione fortuita di Langenbrunner e conclusione finale di Zach Parise. 2-2 e gelo che cala in tutto il Canada. Si va all’overtime, al Golden gol, con una tensione incredibile, con un’emozione che sale ogni secondo.
E dopo sette minuti la storia decide di regalare il disco più importante della sua vita a uno dei più grandi di questo sport. Si chiama Sydney Crosby. Prende il dischetto, lo scambia con Iginla e tira verso la porta di Ryan Miller. È gol. È 3-2. È oro olimpico con gol decisivo del più grande. Sydney Crosby dirà che quello per lui è il sogno che aveva fin da bambino. È il momento più iconico della storia sportiva canadese.
Finisce così, con la gioia del popolo canadese, con la folla che festeggia tutta la notte nelle vie di Vancouver, con Sydney Crosby che entra ancor di più nel mito di questo sport. Il cantore di quella notte per Sky Sport è Pietro Nicolodi: lui stesso dirà che l’emozione più grande commentata in diretta dal vivo è stata, e sarà per sempre, quel Canada-Stati Uniti.
Vancouver, 28 febbraio 2010: il Canada è campione olimpico, gli Stati Uniti sono battuti al termine di una partita splendida. Una pagina di sport semplicemente memorabile
Foto di copertina: Foto Ap, da sito Sky Sport (sport.sky.it/olimpiadi/2010/03/01/finale_hockey_canada_usa)