Recensione di A.C., Professore di Lettere e Letteratura Italiana e Latina, giornalista e appassionato di sport.
Da Zeno Colò e Giuliana Minuzzo a Sofia Goggia e Federica Brignone. Passando per i campioni degli anni Settanta del secolo scorso, le mitiche «valanga azzurra» e «valanga rosa», quelli del periodo strepitoso degli anni Ottanta e Novanta sino a quelli ancora in attività.
È davvero una bella rassegna di campioni italiani dello sci alpino il libro «Discese, speciali e giganti. Una storia dello sci alpino» edito da Mondadori lo scorso gennaio. Ne sono autori due affermati giornalisti, Matteo Pacor e Stefano Vegliani, «due fuoriclasse, fini dicitori della montagna, amanti dei picchi e frequentatori del parterre di Coppa» come li definisce Giovanni Bruno, nella prefazione al volume.
Prima di passare in rassegna i tanti campioni, però, prima di ricordare le loro imprese, evidenziare le loro caratteristiche tecniche e caratteriali, Pacor e Vegliani tracciano una breve storia dello sci: da mezzo di locomozione su terreni innevati a strumento di sport.
Già cinquemila anni fa, ricordano gli autori, gli uomini, nell’Asia centrale, in Cina, in Lapponia e in Scandinavia, hanno iniziato ad utilizzare due assi di legno per scivolare sulla neve. Poi, a poco a poco, hanno perfezionato lo strumento, rendendo sempre più agili e sicuri gli spostamenti e scoprendo nel contempo che quelle scivolate sulla neve potevano essere anche fonte di divertimento e di sfida tra amici
Ma lo sport dello sci alpino come lo intendiamo oggi, ha poco più di un secolo di vita. Si è strutturato tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Le prime tracce di una fabbrica di sci, in Svezia, sono del 1886, mentre «in Italia il primo paio di sci si vide nel 1896».
Sport giovanissimo, dunque, lo sci alpino, capace però di diffondersi rapidamente moltiplicando il numero degli appassionati, prima nei paesi nordici poi anche a sud delle Alpi: il 1° ottobre 1901 nasce il primo sci club italiano, in Val Seriana; nel febbraio 1909 si disputano i primi campionati italiani di sci alpino e salto, a Bardonecchia; il 10 ottobre 1920 si costituisce la FISI; nel 1924 si gareggia nelle prime Olimpiadi invernali, a Chamonix.
Dopo questa interessantissima ricostruzione storica, i due autori iniziano il loro viaggio nello sci italiano, dando spazio soprattutto ai grandi campioni, in particolare a quelli che hanno conquistato medaglie olimpiche, perché «lo sci, più di altri sport, ha stagioni ricche di competizioni che consegnano trofei: la Coppa del Mondo e i Mondiali innanzitutto. Ma la vittoria olimpica non ha confronti nella resa della popolarità». Accanto ai medagliati olimpici non manca però il ricordo di altri atleti di valore, come anche di dirigenti, tecnici e giornalisti o radio-telecronisti che hanno facilitato la diffusione di questo sport portandolo nelle case degli italiani.
Si parte, dunque, da Zeno Colò «veloce, sicuro, coraggioso», che con il suo sci fatto di «tecnica e genio» conquista il primo oro olimpico italiano nello sci alpino, in discesa, ad Oslo 1952. Accanto a lui Giuliana Minuzzo, che da Oslo ritorna con la medaglia di bronzo, sempre in discesa, la prima per l’Italia al femminile.
Ci sono periodi di grandi campioni e periodi di deserto assoluto o quasi nello sci alpino italiano. Dopo Zeno Colò, con il solo intermezzo di Carletto Senoner ai mondiali cileni del 1966, bisognerà attendere gli anni Settanta per rivedere il tricolore sul pennone più alto del podio. È l’epoca della mitica «valanga azzurra» guidata da Mario Cotelli. Il suo «trascinatore silenzioso» è Gustavo Thoeni (gli autori italianizzano il nome), ma accanto a lui brillano il cugino Rolando, Pierino Gros «istinto e ragione», Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl, Tino Pietrogiovanna, Herbert Plank ed altri ancora. Un periodo veramente splendido per lo sci azzurro, che eccelle anche in campo femminile con la «valanga rosa»: Claudia Giordani, Ninna Quario, Wilma Gatta, Daniela Zini, Wanda Bieler.
Poi ancora delusioni per lo sci alpino italiano, finché non arriva un altro periodo straordinario, tra gli anni Ottanta e Novanta, che inizia con l’oro olimpico in slalom di Paoletta Magoni a Sarajevo 1984, e raggiunge il suo massimo con i grandissimi Alberto Tomba e Deborah Compagnoni, due fuoriclasse capaci di suscitare entusiasmi travolgenti e, grazie anche alle dirette trelevisive, di far appassionare allo sci anche chi non l’aveva mai praticato. Seguiranno Kristian Ghedina, Isolde Kostner, Giorgio Rocca, Giuliano Razzoli, Daniela Ceccarelli, Christof Innerhofer, Dominik Paris, ancora in attività, e tanti altri capaci di imporsi in gare internazionali.
Non possono mancare in questa rassegna le due più forti atlete del nostro sci alpino attuale: Federica Brignone, figlia di Ninna Quario, la prima donna a vincere una coppa del mondo assoluta, oltre a detenere il più alto numero di medaglie tra Olimpiadi (tre), Mondiali e Coppa del Mondo, e Sofia Goggia, oro in discesa libera alle Olimpiadi coreane del 2018 e argento a quelle di Pechino 2022.
Di questo ultimi risultati, in realtà, il libro non parla, essendo uscito prima delle Olimpiadi cinesi. Ma non v’è dubbio che, nella prossima ristampa, ci saranno certamente, compreso il bronzo di Nadia Delago.
Sino a qui la parte descrittiva del libro, espressa in modo elegante, coinvolgente. È un libro che trasuda amore per lo sci, che sa unire risultati sportivi a storie di vita, che spiega la fatica per emergere, che esalta i successi e non nasconde le delusioni, gli ostacoli, le rivalità.
Un libro che accontenta gli appassionati di sci, ma si fa leggere con piacere anche da chi non è particolarmente addentro alla materia, perché la descrizione non è mai appesantita da eccessivo tecnicismo, mentre prevalgono le vicende legate alle scelte personali dei vari campioni.
Non mancano comunque le parti più tecniche. Infatti completano il volume di Pacor e Vegliani una appendice dedicata agli albi d’oro ed una dozzina di schede monotematiche che approfondiscono i vari aspetti dello sci alpino.
Pregevole l’inserto fotografico dei campioni di ieri, in bianco e nero, e di quelli più recenti a colori.
Un bel libro, insomma, che consigliamo di leggere quando sono ancora vive le emozioni delle Olimpiadi di Pechino e la stagione agonistica sta per celebrare i suoi ultimi appuntamenti. E quando il pensiero di chi ama questo sport è già proiettato verso i Mondiali francesi del prossimo anno. E soprattutto verso l’appuntamento olimpico di Milano-Cortina 2026.