Ciao Fabrizia e innanzitutto grazie per la disponibilità a quest’intervista a Pagine di Sport.
Ciao e grazie a te
Come nasce la storia tra te e la Ginnastica Ritmica?
Nasce quasi per caso. A circa 5 anni ho frequentato per poco una scuola di danza, poi un giorno con mia mamma mi sono imbattuta in una gara di ginnastica ritmica. Ai miei occhi le ginnaste erano magiche e sono rimasta subito colpita. E così mi sono iscritta e ho iniziato
Cosa ricordi delle tue prime gare?
Ho iniziato con l’Armonia Chieti. A 8 anni ho fatto la prima gara ed è stato un disastro. Dovevo fare due esercizi, uno con nastro e uno con palla: l’esercizio durava 40 secondi, io ne ho dimenticato 35. Ho pianto tanto e il giorno dopo mi sono svegliata con la paura perenne di sbagliare. Poi la seconda gara è andata molto meglio.
Il tuo inizio è nell’individuale
Sì, ho fatto parte del team nazionale individuale e fino al 2001 ho partecipato a diversi tornei internazionali. Poi durante l’estate del 2001, complicata sia a livello psicologico che fisico a causa di problemi alla schiena, ho terminato anticipatamente la preparazione al Mondiale. La successiva convocazione con la Squadra non me la sono lasciata scappare.
Quell’infortunio è stato l’inizio di una nuova vita sportiva
Si, perchè dall’anno successivo ho iniziato a lavorare con la squadra. Era il quadriennio dopo Sydney e la squadra si stava formando ex-novo con Elisa Santoni, Elisa Blanchi, Daniela e Marinella. Fin da subito i segnali erano positivi. Purtroppo prima degli Europei del 2003, quando sono state vinte le prime medaglie, mi ruppi il piede. Nel 2003 arrivò anche il primo bronzo mondiale, ma saltai anche quello per una frattura da stress all’altro piede. Non sono stati momenti facili, sembrava che il destino mi remasse contro, ma non ho mollato ed ad Atene c’ero
In quegli anni tutta la vostra squadra era in un centro della Brianza, a Desio. Com’era la vita a Desio?
Una vita in albergo, una vita in camere piccole. Il giorno libero ogni tanto andavamo a Milano ma il più delle volte eravamo così stanche che stavamo in albergo. Per diverso tempo sono stata con Marinella (Falca ndr): caratterialmente eravamo completamente diverse ma avevamo creato una bellissima sintonia. Desio era casa, lì è nata la nostra amicizia che continua ancora oggi.
Un aggettivo, una parola per ogni compagna di squadra
Domanda difficile.
Elisa Santoni è un vero e proprio leader, forte e carismatica . L’avevamo “votata”all’unanimità per ricoprire quel ruolo. E poi con lei le risate non mancavano mai. Aveva inventato un personaggio comico: “Giovanna”, una ginnasta che non brillava particolarmente per capacità tecniche ma che faceva ridere fino alle lacrime.
Marinella Falca è la solarità: l’avevamo soprannominata la PR del gruppo, caciarona, estroversa, con una personalità molto forte.
Daniela Masseroni: l’eleganza. Di temperamento più tranquillo, riflessivo e taciturno, alla ricerca costante della precisione.
Elisa Blanchi: il mago della manualità e della coordinazione, tra le sue mani e gli attrezzi non c’erano segreti. Non a caso era lei quella a lanciare gli attrezzi precisa come un cecchino anche da bendata.
Laura Vernizzi: un’altra personalità molto forte, come il rock che adora. Lo stambecco del gruppo con le sue linee pazzesche.
Angelica Savrayuk: il prototipo di ginnasta al quale tutte abbiamo sempre puntato come modello. Bellissime doti forgiate da grande determinazione e tanto lavoro.
Come si prepara un’Olimpiade?
Si prepara pianificando ogni giornata e ogni momento. Preparare un programma è qualcosa di ingegneristico: c’è la parte tecnica, ma anche quella coreografica. Il viaggio verso l’Olimpiade è composto da diverse tappe: il circuito della World Cup, gli Europei, i Mondiali. E ogni volta si riparte: l’esercizio non è mai lo stesso, ma viene modellato alla ricerca della perfezione step by step. Gli allenamenti si svolgono sempre con la stessa sequenza: la preparazione atletica, il riscaldamento, la danza classica e poi uno dei due esercizi alla mattina; il potenziamento con pesi ed elastici, il lavoro sulla mobilità e poi via con il secondo esercizio al pomeriggio. La monotonia puó diventare piuttosto pesante da gestire, soprattutto psicologicamente, così ogni giorno devi trovare qualcosa di nuovo, anche di infinitesimale, che possa rompere la routine e motivarti per rendere al meglio
Il ricordo di Atene: 28 agosto 2004
Uno dei ricordi più belli della mia vita. Sono stati momenti di rara intensità sportiva e umana. C’erano i nostri genitori, eravamo ancora ragazzine. L’esercizio misto sulle note del Principe d’Egitto e quello ai 5 nastri sulla colonna sonora di Speed sono stati meravigliosi. Ho tanti ricordi, dal silenzio e dalla tensione assordante prima della gara fino all’esplosione di lacrime e l’emozione della fine quando attendavamo la chiamata al podio. Ci guardavamo, incredule ma felici. E poi il podio, la medaglia, la corona di alloro. Emozioni incancellabili
Una sola parola quando pensi a quel podio e quella foto di voi 6, lì su un podio olimpico
GRATITUDINE.
Gratitudine verso la mia squadra, le mie allenatrici, la mia famiglia.
Gratitudine verso la vita, perchè mi ha donato il privilegio di aver avuto tutti gli strumenti necessari per arrivare fin lì. Sono tanti i fattori che devono “combaciare” per poter spiccare il volo.
E gratitudine verso la me stessa stanca e demoralizzata per non aver mollato la presa quando vedeva tutto nero.
E da quel momento siete diventate Farfalle
Sì, abbiamo questo grande orgoglio di aver iniziato questa meravigliosa storia che continua
Mondiali 2005: è oro a Baku
Sentire l’inno dall’alto del podio mondiale è qualcosa di assurdo, una gioia immensa. Ricordo che è stata una gara difficilissima sotto il peso della riconferma del piazzamento olimpico, la vittoria più sentita, seconda solo all’argento di Atene. E per me ancora di più: ero senza forze per un’influenza intestinale. E poi invece abbiamo battuto le russe e per la prima volta è stato cantato il nostro inno in una manifestazione di tale livello
Dopo Baku ti viene voglia di smettere
Sì, ero scarica fisicamente e psicologicamente e ho deciso di lasciare. Per qualche mese non mi sono allenata e ho cercato di intraprendere una vita più “normale”, ma la notte non riuscivo a dormire, non mi riconoscevo più. Poi nella mia città è passata la fiaccola olimpica di Torino 2006 e ho avuto l’occasione di portarla per qualche centinaio di metri. E lì, in quei metri, ho capito che dovevo tornare: quel fuoco e quella fiamma mi avevano dato la voglia di ripartire
Pechino 2008: la grande delusione
E’ stato un trauma, è stata rabbia e delusione. Avevamo gareggiato bene, una medaglia era nostra, l’esercizio era stato perfetto. Alla fine è salita sul podio una nazionale che mai aveva vinto qualcosa prima, rimasta sempre ben lontana dai primi i tre posti. Ci sono state tante lacrime. E’ una tristezza che non passa in poco tempo ma che mi ha rivelato più di altre esperienze cosa siano la forza, il valore e la potenza di una squadra: col tempo abbiamo convertito quell’esperienza in qualcosa da cui trarre comunque insegnamento
Come cambia la vita di un’atleta quando diventa così famosa?
La vita un pochino cambia. Leggere il tuo nome sul giornale è fonte di grande motivazione e soddisfazione, ma al contempo senti crescere sulle spalle il carico della responsabilità. Verso la tua squadra, verso la Nazione e anche verso te stessa. Ma poi quando lavori, quando vai in palestra, hai sempre la stessa consapevolezza di dover impegnarti quotidianamente per rimanere lì dove sei arrivata e anzi, migliorare
Chi è Fabrizia dopo il ritiro?
Mi sono fatta seguire da un procuratore per un po’. Ho vissuto un’esperienza grandiosa con Sky Sport con cui ho raccontato i Giochi del 2012, ho fatto parte di una Compagnia con la quale ho lavorato per il teatro, la tv e grandi eventi. Sono stata Ambassador per l’Italia alle Olimpiadi Giovanili del 2010, ho ricoperto la carica di Sindaco del Villaggio Atleti durante i Giochi Del Mediterraneo 2009 e ho fatto parte del Consiglio Federale Nazionale. Ho però guardato anche al mio futuro: mi sono iscritta all’università in Scienze della Comunicazione e oggi seguo l’area marketing dell’azienda di famiglia
Hai citato prima la famiglia
Il ruolo della famiglia è fondamentale. Noi eravamo fortunate perché avevamo un gruppo di genitori molto uniti. Senza loro i sacrifici non ci sarebbero stati i nostri successi: a 17 anni (alcune anche prima) eravamo via da casa. Erano veri sostenitori, ci hanno seguito ovunque con magliette, striscioni e diavolerie varie per sostenerci. Nonostante nelle occasioni più importanti, le olimpiadi, fosse un’impresa acquistare i biglietti.
Se potessi tornare indietro e aver la chance di ripetere una gara?
Non ho rimorsi particolari per quanto riguarda le gare. Forse ripeterei Pechino, perchè a prescindere dal risultato che ahimè, non è dipeso da noi, avrei potuto godermela di più trattandosi dell’ultima competizione della mia carriera. Invece la rabbia ha reso tutto più opaco e spento.
Quali consigli daresti ai giovani che vogliono fare sport?
Tenere alimentato il fuoco. Dedicare la propria vita allo sport puo’ rivelarsi molto complesso, sotto diversi punti di vista. Gli alti e bassi sono quotidiani e resisti solo se non perdi il piacere di fare sport. E poi devi aver un forte team ed entourage che ti dia l’energia giusta quando ti viene a mancare. Per vincere nello sport serve pianificazione accurata: ma la pianificazione non deve togliere la bellezza del quotidiano. Devi fissare l’obiettivo, ma non perdere la bellezza del percorso nelle singole tappe, anche quelle meno prevedibili.
Voi avete cambiato la storia di questo sport. Avete ispirato un’intera generazione a fare ginnastica ritmica e avete creato il mito delle Farfalle
E’ un orgoglio bellissimo. Quella della farfalla è una splendida metafora: non ha molto tempo a disposizione, ma in quella parentesi va decisa per la sua strada e riesce a dare il massimo, in termini di metamorfosi, vita e bellezza. E’ vero, abbiamo ispirato una generazione che continua a vincere. E questo è un orgoglio che mi porterò sempre dentro
Grazie Fabrizia di averci raccontato questa meravigliosa storia
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Bravissima. Un percorso duro, ma che apre le porte ad un sogno e ad un esempio per i giovani.