26 Agosto 1977 – 4 Giugno 1987. Sono 9 anni, 9 mesi e 9 giorni. Ed è questo periodo che rappresenta una delle storie più grandi dell’atletica leggera: quella di Edwin Moses. Perchè in questo periodo Edwin ha vinto 122 gare consecutive nei 400 ostacoli, uno dei record più sensazionali della storia dello sport.
E pensare che fino a 20 anni Edwin non aveva mai corso i 400 ostacoli e non era neppure molto interessato allo sport. Era nato a Daytona, in Ohio, era uno studente di Ingegneria e Fisica ad Atlanta, con ottimi risultati con un’intelligenza assoluta. Ma anche nello sport faceva ottimi risultati e così in quel 1975 provò i 400 ostacoli e li chiuse in 52 secondi.
Inizia così la carriera di uno dei più grandi di sempre. Un anno dopo è già a Montreal dove vince il suo primo oro olimpico lasciando circa otto metri tra lui e il secondo classificato. Quel giorno a Montreal arriva anche il record del mondo, ma Edwin Moses sa che può fare molto di più. Moses è uno studioso appassionato della tecnica e della biomeccanica e alla ricerca della perfezione. E così capisce che deve sfruttare al meglio la sua altezza e le sue lunghissime gambe.
E Edwin porta una delle più grandi innovazioni dell’atletica leggera: è il primo che copre la distanza tra un ostacolo e l‘altro in 13 passi. Con questa innovazione, con questa forza il fenomeno diventa imbattibile. Nelle sue gare non c’è più storia e competizione, si corre per il secondo posto. Da Düsseldorf 1977 a Madrid 1987 non conosce sconfitta, riscrivendo la storia.
Arrivano l’oro olimpico di Los Angeles, l’oro mondiale di Helsinki, arrivano tre record del mondi fino al 47”02 realizzato a Coblenza. Arriva un senso di impotenza verso la sua superiorità data dallo studio e dalla preparazione maniacale degli allenamenti che spesso svolge da solo. E tutto ciò arriva con quegli occhiali scuri che hanno fatto il giro delle televisioni di tutto il mondo.
Moses è un campione nella pista ma anche fuori dalla pista ed è uno dei primi a combattere la lotta al doping, è uno dei primi a chiedere la nascita di un sindacato per gli atleti, è tra coloro che più si batte per evitare i boicottaggi del 1980 e del 1984.
Eppure anche lui può sbagliare. E’ infallibile in pista ma nel 1984, quando viene chiamato a leggere il giuramento olimpico al Coliseum di Los Angeles, per due volte di ferma dimenticando le parole. Emozioni olimpiche che colpiscono anche i più grandi.
E se Moses viene spesso ricordato per questo infinito record di vittorie, c’è un altro momento che lo rende leggenda. Edwin ha appena perso a Madrid dopo 10 anni da Harris e si avvicinano i mondiali romani. Non è più il campione nettamente favorito, ma di fronte al pubblico romano, al termine di una finale bellissima vince ancora, forse in modo più umano, forse in modo più bello. Poi l’anno successivo vincerà il bronzo a Seul che chiuderà la sua carriera infinita.
Allenamento, concentrazione, passione, intelligenza, mentalità: tutte caratteristiche che hanno trasformato un campione in fenomeno, un fenomeno in imbattibile.
E’ questa la storia di un ingegnere aerospaziale che ha scritto forse il più lungo dominio assoluto della storia dello sport, in una della gare più massacranti dell’atletica. E’ Edwin Moses, che con quei 13 passi, ha vinto ininterrottamente 122 gare entrando nella storia, per sempre.
Questa una sua frase che lo racconta: “Nessuno corre veloce senza un incredibile background di allenamenti. Oggi, per esempio, vedete i bambini girare per strada con una palla da basket in mano e palleggiare. Allo stesso modo io avevo sempre uno zaino che conteneva scarpe d’atletica: ogni giorno finivo per allenarmi”. Edwin Moses