Di Davide Lugli
Correva il 1984 e correvano in bicicletta 4 giovani spavaldi e di belle speranze con la maglia azzurra. Era l’olimpiade di Los Angeles, 100km sotto il sole cocente sull’autostrada della metropoli americana. Era l’olimpiade in cui quei 4 ragazzi scrissero la storia. Una storia che oggi non dovrebbe essere dimenticata.
Potrebbe iniziare così la narrazione di una vera impresa che vide protagonisti Eros Poli, Marcello Bartalini, Marco Giovannetti e Claudio Vandelli. L’oro olimpico nella gara a squadre negli Stati Uniti è qualcosa di incredibile ancora oggi, perché giunto in un momento storico dove stava cambiando tutto in questo sport anche il tessuto delle maglie, giusto per dare un’idea.
Quell’anno doveva, però, essere tinto di azzurro: era cominciato appena a inizio gennaio con il record dell’ora, poi revocato nel 2000 dal UCI e trasformato in miglior prestazione umana sull’ora, di Francesco Moser che aveva letteralmente sgretolato il precedente primato di un certo Eddy Merckx che resisteva da 12 anni.
I 4 alfieri azzurri non partivano con i favori del pronostico in un ciclismo che stava mutando profondamente, anzi, erano tra i primi ad utilizzare le ruote a disco in fibra di carbonio, un’assoluta novità per il tempo e non certo una certezza come lo sono oggi. La partenza fu bruciante come il sole alto nel cielo, subito evidente il vantaggio sugli avversari. Tutto bene? Assolutamente no. Dopo 15km Poli è costretto a fermarsi a causa di una foratura perdendo 20”, un inciampo che pregiudicherebbe la crono di chiunque.
Invece il team italiano si riprese subito, macinando parziali senza storia per gli avversari. Un team che non aveva certo paura del caldo o della strada, allenatosi duramente sulla superstrada che da Cesena va a Ravenna, percorsa con rapporto 53×12, in condizioni decisamente peggiori, anche al tempo, di quelle trovate a Los Angeles.
Quello che però fece impallidire e rese loro alla storia fu il tempo, riuscire nell’impresa di arrivare sotto le 2 ore era un qualcosa di mai riuscito a nessuno in precedenza. Un ritmo devastante, media di 50,64 km/h, tradotto in 20” di vantaggio dopo 25km, un minuto ai 50km e addirittura oltre 2 minuti ai 75km sui diretti avversari.
Una gara senza avversari o meglio solo il tempo poteva esserlo, troppo forti gli azzurri che chiusero in 1h58’28” lasciando gli inseguitori svizzeri e americani, rispettivamente argento e bronzo, a oltre 4 minuti. Francesco Moser, solo ad esempio, centrò i record poi revocati prima a media di 50,808km/h e 4 giorni dopo di 51,151km/h.
Un caso, forse, quell’impresa di quei 4 ragazzi italiani? La risposta chi vuole la può trovare dopo quel giorno, perché è forse un caso che successivamente Marco Giovannetti abbia vinto la Vuelta e Eros Poli abbia domato il Mont Ventoux? Successi di questi atleti oggi, forse, dimenticati dai più, ma che evidenziano certamente come quanto quell’impresa non fosse un semplice caso.
Più semplicemente Eros, Marcello, Marco e Claudio avevano un appuntamento con la storia e la storia aveva un appuntamento con loro